COMMENTO AL VANGELO XXII DOMENICA ORDINARIA (A)
Ognuno di noi ha un’IMMAGINE di Dio acquisita lungo gli anni; spesso ciascuno vorrebbe un Dio a suo uso e consumo, pronto a soddisfare ogni richiesta, e tutto ciò che contrasta con questa immagine può provocare una crisi di fede. E’ questo ciò che vive Pietro di fronte alle dichiarazioni di Gesù. Gli Apostoli, infatti, si aspettavano un MESSIA POLITICO, che avrebbe dovuto liberare dal dominio romano e regnare con potenza. Gesù, invece, parla di sé come di un MESSIA SOFFERENTE, che sfugge alle logiche del dominio e della sopraffazione. Per questo Pietro lo rimprovera, perché vuole proiettare sul Cristo la SUA idea di Messia.
A Pietro Gesù intima di mettersi dietro, cioè di seguirlo, di riprendere la sua identità di seguace e di discepolo. E gli mostra la strada: PERDERE la vita per ritrovarla in Dio, RINNEGARE se stesso per ritrovare la piena statura di apostolo.
Non c’è Cristo senza CROCE. Se togli la croce dal Cristianesimo tutto crolla e il vangelo resta un bel messaggio da salotto, utopistico e inefficace, buono solo a rabbonire le coscienze. Perciò se sei un cristiano coerente non aspettarti applausi dal mondo. Il mondo applaude al successo, al potere e alla gloria. Porta la tua croce dietro a Gesù e non attenderti riconoscimenti dagli uomini. La via del cristiano è la via della CROCE, che non è esaltazione del dolore: in essa si manifesta il mistero pasquale che unisce alla croce la risurrezione.
Questo è il PARADOSSO cristiano: perdersi per ritrovarsi in Dio, spendersi per acquistare, servire per essere dalla parte di Dio, donare la vita per vivere da risorti.
d. Enzo Ruggiero

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