COMMENTO AL VANGELO XXVII DOMENICA ORDINARIA C
“Signore, accresci la nostra fede!” La richiesta che gli apostoli fanno a Gesù potrebbe essere ambigua e proprio per questo Gesù la purifica con l’esempio del granellino di senape. Ciò che conta non è la quantità ma la QUALITA’.

 

Posso credere tantissimo, passare ore e ore in preghiera, moltiplicare le mie devozioni, ma se vivo la mia fede come un rapporto di sudditanza o di paura, se il Dio in cui credo è un contabile pignolo a cui presentare il resoconto a fine giornata, allora tutto questo serve a poco.
Gesù ci invita a lavorare sulla qualità della nostra fede, sullo STILE della nostra preghiera. Non si tratta di aggiungere o togliere, ma di andare in profondità, di cercare l’autenticità lasciandosi raggiungere dalla Parola, imparando a stare davanti al Padre così come Gesù ci ha insegnato.
Solo a partire da questa qualità FILIALE della fede è possibile comprendere quanto Gesù dice nella seconda parte del vangelo. La breve parabola descrive quale dovrebbe essere l’atteggiamento dell’uomo verso Dio, caratterizzato dalla piena disponibilità, dalla consegna di tutte le proprie forze alla sua volontà. Gesù insiste con i discepoli che il rapporto con Dio non è un CONTRATTO: faccio per avere, mi impegno ma attendo un utile. Gratuità e generosità solo le parole che devono guidare l’impegno del discepolo nella costruzione del Regno di Dio.

Per noi cristiani la fede è INCONTRO con Cristo, è abbandono fiducioso alla sua Persona, è entrare con Lui in un rapporto di totale fiducia e amicizia. Dio prova la nostra fiducia in Lui, ma se la trova salda, attraverso di noi può compiere cose straordinarie. Nelle mani di Dio l’uomo può conseguire qualsiasi traguardo.

d. Enzo Ruggiero