COMMENTO AL VANGELO XXVI DOMENICA ORDINARIA A

Un padre invita i due figli ad andare a lavorare nella vigna. Il primo dice di sì e fa di no, il secondo dice di no e fa di sì. Il primo simboleggia una religione “formalistica”, il secondo una religione “delle opere”. Ancora, il primo rappresenta quei GIUDEI che a parole rispettano la Legge, le tradizioni, le regole, ma con la vita sono lontani da Dio, il secondo rappresenta i cosiddetti LONTANI che però sono capaci di pentimento, di ripensamento, di revisione della propria vita.

Il primo figlio davanti al padre dice sempre di sì, è rispettoso e rispettato, ha l’aria di una persona tranquilla e obbediente, ma in realtà egli vive contro il padre, perché la sua bontà è solo un mantello di ipocrisia. Caratteristica di questo figlio è un PERBENISMO ESTERIORE: vive accanto al padre ma il suo cuore è lontano mille miglia dal cuore del padre. Questo figlio è un falso figlio. Gesù si rivolge a tanta gente religiosa di ieri e di oggi e ci ammonisce: DIO NON SI PUO’ INGANNARE. Con Dio non si può barare. Non serve a nulla fingere. Non ci si salva con le belle parole, occorrono i FATTI. Gesù condanna il FARISEISMO IPOCRITA di tutti i tempi e ci ricorda che farisei si può essere anche oggi.

Ma c’è anche il secondo figlio: quello che dice NO al padre. Apparentemente è un ribelle, ma la sua ribellione è solo esteriore, infatti il suo cuore è sensibile da pentirsi del NO che ha pronunciato fino a decidere di fare la volontà del padre. In questo figlio ribelle ma buono Gesù vede i CONVERTITI di tutti i tempi. E’ più grande un uomo che sbaglia, ma ha la capacità di pentirsi, di un uomo che magari sbaglia di meno ma è freddo, prigioniero delle sue regole, incapace di amare.

La parabola ci insegna che senza la vita le parole sono vuote. Il Cristianesimo è una dottrina di VITA: o è vissuto o non è Cristianesimo. Non basta credere al vangelo: il vangelo va incarnato nella vita. Non basta essere credenti se poi non si è “praticanti”. Non basta sapere che Dio esiste per salvarsi. La fede senza la vita non è né seria né vera: è una fede di comodo, una fede falsa, una forma di autoinganno. Perciò “è meglio essere cristiani senza dirlo, che dirlo senza esserlo”(S. Ignazio di Antiochia).

D. Enzo Ruggiero