COMMENTO AL VANGELO XXIX DOMENICA ORD. C
Nella parabola odierna Gesù presenta la situazione di una donna debole, calpestata ingiustamente, che però non si stanca di chiedere giustizia a un giudice freddo, disumano e insensibile.
Il GIUDICE è un tipaccio senza religione e senza umanità, rappresenta l’arroganza del potere. Non teme Dio, vive come se Dio non ci fosse, è un “ateo pratico” diremmo oggi. Di gente così ce n’è tanta anche oggi. La VEDOVA è una vittima per le ingiustizie subìte, ma non si rassegna. Chiede con tenacia e ostinazione, è determinata e insistente fino allo sfinimento. E il giudice alla fine cede, si arrende. Lui ingiusto agisce da giusto. La vedova lo ha scocciato, ma la accontenta solo per liberarsene. La debolezza vince la prepotenza e prevale sulla forza.
Ebbene, Gesù la indica come MODELLO: dice che dobbiamo avere anche noi la stessa insistenza nei confronti di Dio. E’ come se ci dicesse: Vedete? Alla preghiera insistente cedono perfino i disonesti come quel giudice. E volete che alle vostre preghiere non risponda il PADRE celeste che è bontà infinita?
Non è facile oggi fare un discorso sulla PREGHIERA ed essere capiti dall’uomo di oggi: c’è una mentalità materialistica e paganeggiante che serpeggia un po’ ovunque, c’è una mentalità assai diffusa dell’efficienza e dell’attivismo, per la quale pregare è tempo perso; ciò che conta è agire, operare, darsi da fare. Oggi il rifiuto della preghiera viene dalla mentalità secolarista del mondo attuale, dall’uomo a “una” dimensione che presume di costruire tutto senza riferimento a Dio e al Trascendente.
S. Agostino diceva che l’essenza della preghiera è il DESIDERIO. Se continuo è il desiderio di Dio, continua è pure la preghiera, mentre se manca il desiderio interiore, si può gridare quanto si vuole, ma per Dio si è muti. La preghiera è l’ossigeno del credente. Il credente non vuole piegare Dio alla sua volontà, ma ottenere la grazia di adeguarsi alla volontà di Dio. Perché nella Sua volontà è la nostra PACE.