I sospetti si sono palesati dopo che un cittadino si era accorto che all’interno del tumulo di un proprio caro estinto, era stata inserita abusivamente una seconda salma.
Da qui aveva sporto denuncia, facendo immediatamente scattare le indagini da parte dei carabinieri della stazione locale che hanno ipotizzato immediatamente l’esistenza di un gruppo che gestisse in maniera esclusiva gli affari cimiteriali nel camposanto comunale di Cittanova.
Una indagine che oggi è sfociata nell’operazione non a caso denominata Aeternum e che ha fatto scattare le manette per sedici persone, quattro delle quali finite in carcere, ovvero l’ex custode del cimitero e tre imprenditori delle onoranze funebri , mentre sarebbero ben settanta le persone complessivamente indagate dalla Procura di Palmi.
L’ipotesi è che proprio quest’ultimi fossero al vertice della presunta associazione creando e gestendo quello che gli inquirenti hanno definito come un vero e proprio sistema di “gestione parallela” del cimitero.
In pratica, si sarebbero sostituiti al Comune procedendo per anni ad estumulazioni non autorizzate, distruggendo o spostando in altri loculi le salme dei defunti così da far posto a nuove sepolture.
Il tutto per “accaparrarsi gli affari nel mercato funerario locale per conseguire e preservare la primazia delle imprese guidate dagli odierni arrestati” affermano gli inquirenti.
Sempre in base alla ricostruzione dei Carabinieri, vi sarebbe stato un pervasivo condizionamento del funzionamento regolare dei servizi cimiteriali, elemento che sarebbe desumibile dalla capacità dei quattro di impossessarsi di quanto versato dai cittadini come imposte relative alla tumulazione dei defunti.
Gli investigatori affermano difatti che l’ex custode, avendo in più occasioni ricevuto queste somme in ragione del servizio pubblico esercitato, se ne sia appropriato non versandole nelle casse pubbliche a cui erano destinate, cioè quelle Comunali per i diritti cimiteriali, quelle dell’Asp di Reggio Calabria per i diritti sanitari e quelle Statali in relazione alla marca da bollo.
IL COINVOLGIMENTO DEI MEDICI ASP
Si sospetta poi che il presunto “sistema criminale” si sia retto su una serie di mancati controlli e falsi in atti pubblici commessi da professionisti pubblici che avrebbero, con la loro condotta, fatto in modo che il gruppo preservasse la primazia nel settore delle onoranze funebri, rendendo possibile l’assegnazione arbitraria dei loculi e l’appropriazione abusiva dell’importo che i familiari dei defunti pagavano per tasse e tributi.
Per la Procura, in particolare, le estumulazioni illecite e le manipolazioni anzitempo delle salme sarebbero state coperte con la predisposizione di documentazioni falsificate, con cui si dava veste legale alle operazioni.
Ad essere coinvolti sono così degli insospettabili medici legali del Servizio Igiene e Sanità Pubblica dell’Azienda sanitaria reggina, “che, chiamati a vigilare sulle estumulazioni o ad eseguire visite necroscopiche, erano pronti a sottoscriverne i verbali delle operazioni per come veniva loro dettato dagli appartenenti all’associazione” affermano i militari.
Alle volte, come ampiamente documentato dagli accertamenti tecnici compiuti dai Carabinieri, i verbali sarebbero stati compilati senza che il medico legale (o altri funzionari previsti) fossero presenti sul luogo.
Ciò tuttavia non avrebbe impedito ai camici bianchi di richiedere il rimborso chilometrico previsto dal servizio sanitario per le visite necroscopiche, in realtà mai effettuate. Per cinque di loro, quindi il Gip ha disposto gli arresti domiciliari.
LE CAPPELLE DELLE CONFRATERNITE
Dalle indagini emergerebbe poi il presunto interessamento da parte di alcuni dei principali indagati per l’accaparramento delle cappelle una volta appartenenti a tre confraternite religiose, disciolte nel 2007.
L’ipotesi è che col concorso dell’allora parroco di una chiesa del posto, che si ritiene abbia attestato falsamente di essere proprietario delle cappelle gentilizie, in realtà tornate al patrimonio del Comune con lo scioglimento degli enti ecclesiastici, gli indagati abbiano avviato dei lavori di ristrutturazione, procedendo alla soppressione di oltre un migliaio di salme, per poter ricavare un diretto guadagno dalla “vendita” dei loculi, pagati anche tremila euro dai privati cittadini che, così facendo, aggiravano il regolamento mortuario, accorciando i termini amministrativi e decidendo dove seppellire i propri cari estinti.
Il progetto, già concretizzatosi per due delle strutture, sarebbe stato interrotto solo per il tempestivo intervento dei carabinieri, che hanno sorpreso gli indagati mentre sgomberavano proprio i loculi della terza cappella.
GLI AGENTI DELLA MUNICIPALE
Nelle indagini risultano poi coinvolti il Comandante facente funzione della Polizia Municipale di Cittanova, all’epoca dei fatti vice comandante responsabile del servizio di Polizia Mortuaria, e due vigili, uno ancora in servizio al Comando locale e un altro nel frattempo diventato funzionario della Municipale di un comune del milanese.
I tre dipendenti pubblici, deputati al servizio di Polizia Mortuaria e ai servizi cimiteriali, assieme all’allora responsabile dell’ufficio tecnico del Comune, sono indagati per presunti illeciti che sarebbero commessi in occasione dell’esumazioni straordinaria eseguita nel 2020, a seguito di un appalto bandito dal Comune di Cittanova ed aggiudicato da una terza impresa del poso, il cui responsabile è anch’esso indagato.
Gli inquirenti sostengono che in quel frangente, gli operai della ditta, per massimizzare il numero dei loculi liberati e rendere più economici e rapidi i lavori, abbiano eseguito le dissepolture con un uno scavatore, senza alcuna attenzione alla rottura dei feretri ed alla necessità di estrarre a mano i resti mortali. Il materiale di risulta, mischiato a resti umani, sarebbe stato poi risotterrato poco distante.
“Gli agenti della polizia locale e il tecnico comunale, pur essendo tutti stati pienamente consapevoli delle modalità d’azione degli operai perché presenti sul posto – affermano i militari – non intervenivano per bloccare le operazioni o, quantomeno, per imporre agli operai una diversa prassi di esecuzione delle operazioni che fosse conforme alla normativa richiamata, lasciando l’impresa libera di proseguire i lavori come più gradito”.
I BENI SEQUESTRATI
Nel corso dell’operazione sono state sottoposte a sequestro preventivo le due imprese di onoranze funebri coinvolte. Eseguito anche un sequestro finalizzato alla confisca diretta o per equivalente di quella parte del patrimonio degli arrestati ritenuto il frutto delle condotte illecite.
Infine, sequestrata inoltre l’area del cimitero di Cittanova interessata dalle estumulazioni illegali. Il valore dei beni cautelati si stima ammonti a circa quattro milioni e mezzo di euro.
Come accennavamo all’inizio sono al vaglio degli inquirenti le condotte di altri 58 indagati che, a vario titolo, si ritiene abbiano avrebbero preso parte alle condotte degli arrestati, pur senza prendere parte all’associazione contestata ai quattro finiti in carcere.
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