Mercoledì 7 agosto, alle 11,55, Ciccio Catanzariti, combattendo, come sempre, come un leone, ha lasciato la vita terrena. Questo il messaggio doloroso così come l’ho ricevuto da Gianpaolo, suo erede naturale sul piano identitario, della formazione politica e culturale, degli ideali di giustizia e libertà, della solidarietà umana.

Una vita, quella di Ciccio Catanzariti, tutta spesa, fin dalla prima giovinezza al di sotto dei 18 anni, a difesa delle fasce più deboli, del suo popolo, quello di Platì, e via via del mondo del lavoro e delle categorie meno abbienti della Provincia di Reggio, della Calabria e dell’intero Paese.

Quando lo incontrai e lo conobbi a giugno del 1960, al mio primo ingresso nella Camera Confederale del Lavoro di Reggio Calabria, Catanzariti era già un dirigente affermato, stimato e rispettato, ben al di là del mondo sindacale e politico, che rappresentava come numero 1 della Cgil reggina.

Memorabili le sue battaglie con manifestazioni, azioni e scioperi di lunga durata, a rovescio, occupazioni, cortei e manifestazioni di piazza a sostegno delle rivendicazioni di braccianti, operai, raccoglitrici di olive e di gelsomino, contadini e coloni, sfollati ed alluvionati su obbiettivi specifici e concreti (contratti, salari, previdenza, alloggi, condizioni di vita etc) che riusciva a portare a casa in misura accettabile anche se non sempre ottimale.

Una personalità dal carattere forte ed autorevole, non autoritario pur essendo comunista, dal pensiero libero ed autonomo pur nella fase in cui la Cgil veniva considerata la cinghia di trasmissione del PCI, amendoliano come amava definirsi, riformista con ciò che ne consegue, ha trovato nella componente socialista, allora guidata da una grande personalità come Saverio Alvaro, l’interlocutore e l’alleato naturale per costruire un sindacato vero, autonomo, democratico, unitario al servizio primario del mondo del lavoro e dei ceti sociali più deboli.

Ha affrontato da Segretario generale della Cgil Regionale, avendo il sottoscritto come aggiunto, la grave crisi e la lacerazione del tessuto sociale, civile ed istituzionale, che ha investito come un ciclone la Regione Calabria, con lo scoppio dei moti di Reggio, senza indulgere al populismo ed alla demagogia di piazza incarnata dalla destra, pur nel disagio sociale presente, scegliendo la trincea della difesa delle istituzioni, della democrazia e dell’unità regionale, con posizioni, autonome e diversificate rispetto all’ortodossia dell’allora sinistra socialcomunista, che hanno facilitato la ripresa del dialogo tra le forze democratiche e la ricostruzione successiva.

Nella fase conclusiva di quella drammatica vicenda – non essendo mai chiaro se come riconoscimento e premio per il ruolo svolto o per rimuoverlo da una posizione di forza e prestigio – il Pci lo ha voluto candidato ed eletto alla Camera dei Deputati nelle politiche di maggio del 1972.

Alla luce di quanto successo nella tornata elettorale successiva del ’76, quando con motivazioni tutte interne al Pci e mai chiarite non è stato riproposto, come era prassi in quel partito, per almeno due legislature, è apparso chiaro che, in realtà, si trattava della seconda ipotesi giacché Catanzariti era divenuto scomodo per il suo stesso Partito, per il modo di pensare e di agire con spirito libero ed autonomo.

Più di una volta mi sono chiesto se su quella decisione del Pci abbia pesato o meno l’impegno di Catanzariti a sostegno della candidatura del sottoscritto come suo successore a Segretario generale della Cgil Calabria, sciolta positivamente solo alcuni mesi dopo la vacatio, per la discussione animata ed i contrasti della corrente di maggioranza calabrese, quella comunista, superati grazie all’intervento della Segreteria Nazionale guidata da Luciano Lama che riteneva giusto riconoscere ai Socialisti la guida di alcune regioni, individuate, allora, nella Calabria e nella Toscana, le prime due Regioni dirette da un segretario generale socialista.

Con Catanzariti non ci siamo mai persi di vista né mai è venuto meno il rapporto di amicizia e stima reciproca, pur nei percorsi diversi o ritrovati e le vicende travagliate e molto simili che ci hanno riguardato, quali soggetti, nati e formati nello stesso sindacato e nel rispettivo partito (Pci e Psi), che si sono ritrovati d’un tratto, per cause impreviste, entrambi privi del loro Partito.

Catanzariti – che, oltre ad essere uomo d’azione intemerata, amava pure scrivere – lascia un patrimonio immenso di lotte per il riscatto dei ceti sociali e dei territori emarginati, specie meridionali oltre che di valori di libertà, uguaglianza e giustizia sociale, che dovrebbero tornare di attualità se si vuole bloccare l’imbarbarimento ed il degrado cui va incontro la società attuale, degrado inarrestabile se proprio quei valori non torneranno ad essere prevalenti.

Grazie per ciò che hai fatto, per i tuoi insegnamenti, per il tuo lascito morale ed umano.

Un abbraccio commosso.

Saverio Zavettieri

già sindaco di Bova Marina