Alle prime luci dell’alba è scattata l’operazione antimafia ‘Design’, diretta e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di L’Aquila e condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo Provinciale di Chieti, culminata con l’esecuzione di 28 ordinanze applicative di misure cautelari di cui 10 in carcere, 9 agli arresti domiciliari e 9 di presentazione alla polizia giudiziaria, misure emesse nei giorni scorsi dal gip del Tribunale di L’Aquila, Giuseppe Romano Gargarella che ha accolto la richiesta avanzata del pm Antonietta Picardi.

Le indagini dei carabinieri di Chieti tra il 2014 e 2016 hanno consentito di portare alla luce, per la prima volta sin dalla fase investigativa, una consorteria criminale costituita, organizzata e consolidata sul territorio abruzzese, con le connotazioni tipiche della criminalità organizzata calabrese riconducibile alla ‘ndrangheta, i cui promotori e sodali principali provengono dall’area Calabrese e sono strettamente collegati, per parentela diretta o indiretta e per fitte reti di scambio criminale, con le piu’ note famiglie ‘ndranghetiste ‘Locale di Africo’. Tra i reati contestati a vario titolo agli indagati, ci sono associazione a delinquere di stampo mafioso, con l’aggravante di essere associazione armata, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio delle stesse, tentato omicidio, detenzione illegale di armi da fuoco, estorsione, usura, incendio di esercizio pubblico e di autovettura e intestazione fittizia di beni, con l’aggravante di essersi avvalsi dei metodi mafiosi.

LA CELLULA MAFIOSA ‘DISTRIBUIVA’ DROGA ALLE PROVINCE DI CHIETI E PESCARA – Le investigazioni, condotte per oltre due anni, hanno permesso di evidenziare come la ‘cellula’ ‘ndranghetista abruzzese, con a capo Simone Cuppari, 36enne, di origini calabresi e da tempo residente sulla costa chietina, avesse consolidato un efficiente e proficuo canale di approvvigionamento di ingenti quantità di droga, prevalentemente cocaina, da un analogo gruppo di affiliati alla ‘ndrangheta, stanziati in Lombardia, a loro volta riconducibili, per vincoli di sangue o parentela acquisita, alle famigerate famiglie della ‘Locale di Platì’, dai quali approvvigionavano con cadenza periodica. La sostanza veniva quindi distribuita nel mercato abruzzese, prevalentemente nelle provincie di Chieti e Pescara, dai sodali ai vari livelli discendenti e da elementi della malavita locale vicini al sodalizio. I proventi dello spaccio della droga venivano quindi reimpiegati nell’acquisizione di attività commerciali, nel settore della raccolta di scommesse elettroniche e nella ristorazione, e in episodi di usura a danno di piccoli commercianti e imprenditori locali in difficoltà economiche, moltiplicando, in tal modo, i guadagni. In questo scenario si inquadrano i reati tipici del contesto criminale di riferimento, commessi avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e omertà che derivano dalla forza intimidatrice che esercita tale appartenenza, cedendo denaro a piccoli imprenditori e commercianti in difficoltà e pretendendo da essi interessi esorbitanti, quasi paradossali (in un caso a fronte di un prestito di 20 mila euro la vittima doveva restituirne dopo un mese 40 mila. Il malcapitato, nell’arco di pochi mesi, si è visto costretto a pagare oltre 220 mila euro) facendo anche ricorso, per costringerli a pagare, ai tipici metodi mafiosi: minacce incendi di negozi, di autovetture, ovvero appropriandosi di beni materiali per valori evidentemente superiori al debito (veicoli, merci, etc).

I PROFITTI DEL MERCATO DI DROGA IMPIEGATI IN ATTIVITA’ IMPRENDITORIALI IN CALABRIA – I profitti così realizzati venivano, in parte, reimpiegati in attività imprenditoriali in Calabria, ad esempio nel commercio di autoveicoli e nella realizzazione di villaggi turistici di grandi dimensioni. Le indagini, infatti, hanno messo in luce la particolare propensione del gruppo ‘ndranghetista, specialmente dei suoi vertici, nell’investimento dei capitali, acquisiti illecitamente, in attività imprenditoriali e commerciali, nonche’ la capacita’ di infiltrarsi nel tessuto economico e sociale, anche, e paradossalmente, attraverso il consenso acquisito, costituendo per taluni personaggi locali fonte di lavoro e di sostentamento. All’alba di oggi, quindi, sono scattate le manette per 15 persone, di cui 6 sono state raggiunte dal provvedimento cautelare in carcere, 9 agli arresti domiciliari.

4 indagati sono ancora attivamente ricercati. Altre 9 persone sono state raggiunte da provvedimenti di obbligo di dimora o di interdizione ad esercitare attivita’ imprenditoriali o rivestire cariche societarie. Altre 8 infine, sono le persone indagate in stato di libertà. I Carabinieri hanno anche a eseguito anche il sequestro preventivo di società, veicoli, motoveicoli, attivita’ commerciali e quote societarie di un complesso turistico in Calabria, per un valore complessivo stimato in 10 milioni di euro. Nel corso dell’operazione odierna sono stati anche sequestrati 10 chilogrammi di marijuana. L’odierna operazione, per la prima volta, evidenzia la costituzione ed il radicamento in territorio abruzzese, sinora ritenuto indenne, di un’organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetista.

GLI ARRESTI All’alba di oggi, quindi, sono scattate le manette per 15 persone, di cui 6 sono state raggiunte dal provvedimento cautelare in carcere, 9 agli arresti domiciliari. 4 indagati sono ancora attivamente ricercati. Altre 9 persone sono state raggiunte da provvedimenti di obbligo di dimora o di interdizione ad esercitare attività imprenditoriali o rivestire cariche societarie, mentre in 8 sono indagati in stato di libertà. Questi i reati contestati agli indagati: i delitti di associazione per delinquere di stampo mafioso, con l’aggravante di essere associazione armata, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio delle medesime, tentato omicidio, detenzione illegale di armi da fuoco, estorsione, usura, incendio di esercizio pubblico e di autovettura e intestazione fittizia di beni, con l’aggravante di essersi avvalsi dei metodi mafiosi. Fra gli indagati figurano almeno quattro abruzzesi, gli altri sono stati raggiunti dai provvedimenti nelle province lombarde, in Campania e in Calabria. I carabinieri hanno anche eseguito il sequestro preventivo di quattro società fra le province di Chieti, Pescara e Reggio Calabria che gestivano bar, commercio online di veicoli e centri scommesse del tipo Eurobet, otto veicoli frutto dell’attività di estorsione e intestati a prestanome e quote societarie di un complesso turistico in Calabria, per un valore complessivo stimato in 10 milioni di euro, di cui sei arrivati dall’Abruzzo. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati anche 10 chili di marijuana

Foto di: palermomania.it

Fonte: Asipress-http://www.chietitoday.it