Sono una di quei  “giovani di Prisdarello” che non si sente affatto rappresentata dalle infamanti accuse che in queste ultime settimane ci sono cadute addosso e per ribattere alle quali voglio rispondere con queste poche e chiare parole.

Certo 20 anni fa ero ancora più giovane e proprio per questo vi dico che ben ricordo l’impegno, la trepidazione e l’eccitazione della nascita e crescita della nostra chiesetta.

Un manipolo di persone che avevano un progetto così ambizioso, quante volte ci siamo domandati: “Chissà se ce la faremo?!” eppure ci siamo riusciti, mattone su mattone, sacrificio su sacrificio ci siamo arrivati.

L’aria che si respirava negli anni durante la costruzione era davvero speciale: ci alzavamo al mattino impazienti di andare a dare un’occhiata ai lavori per vedere gli avanzamenti del giorno precedente.

I nostri padri, i fratelli, gli zii ecc… sono stati i muratori, i carpentieri e tutte le altre maestranze utilizzate in quel cantiere… non c’erano soldi per manovali da stipendiare.

La raccolta fondi era continua e ricordo chiaramente dalla soddisfazione della signora che staccò il primo assegno di cinquecentomilalire alle vecchiette che contribuivano con le loro 10.000 lire ad acquistare anche solo un sacchetto di cemento.

L’impegno poi delle questue fatte all’estero, in Canada e in America dai nostri cari emigrati li, non sono state meno sostanziali tutti abbiamo contribuito per come potevamo. Non ricordo nessuna grossa donazione anche perché non credo che ci fosse qualcuno che se lo sarebbe potuto permettere… diversamente lo avremmo saputo, i conti sono sempre stati chiari e trasparenti in casa se ne parlava apertamente.

Ricordo anche la prima bestemmia al nostro Sant’Antonio di Prisdarello: è stata di un anziano ammalato che subito dopo averla proferita per giustificarsi sorridendo ha spiegato: “…tranquilli tanto non si arrabbia …. ormai è uno di noi!”

Ricordo il paterno sostegno di Mon Signor Giancarlo Bregantini che per la prima volta ci ha fatto sentire Comunità, importanti, vivi, presenti sul territorio ed ha accolto la nostra semplicità come dono speciale. E quando dopo qualche sua visita per seguire i lavori si fermava a casa dell’anziana ammalata per prendere il caffè era l’apoteosi, mai un vescovo fino ad allora era stato a Prisdarello, per lo meno non a mia memoria, figuriamoci nelle nostre case, aneddoti semplici in circostanze umili che hanno profumo di vangelo e sapore di evangelizzazione.

Ricordo Don Nadile, un Santo sacerdote tutto d’un pezzo, che ha avuto la pazienza di istruirci sull’importanza delle singole cose che sarebbero entrate nella Chiesa, dalle statue alle icone, dai libri ai paramenti sacri, : “perché la Chiesa non sono le mura ma quello che c’è dentro!”.

Queste sono le cose che io ricordo e conosco per dati certi e provati sulla nostra chiesetta tutto il resto, tutto quel fango che ci è stato buttato addosso, non ci appartiene.

fonte Telemia

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