Chi ha vissuto vicende processuali, seppur concluse con la piena assoluzione, non augura – né cagiona – a nessuno lo stesso iter, la stessa sofferenza; intesa come danno umano, economico e di vita sociale. Sarà forse questo il motivo per cui Pino Scarfò, amministratore della Bp, ha rinunciato in questi anni a difendersi dalle accuse che – con costanza – sono piovute sul suo operato e sulla sua persona. La rabbia per una vita e un’azienda distrutta, e per 35 dipendenti mandati a casa, non l’ha spinto finora a querelare le diffamazioni e le inesattezze circolate sulla vicenda, scegliendo di lasciar andare persino quel “copia e incolla” di dati sbagliati o di stralci da relazioni che necessitavano di essere aggiornate e contestualizzate. Un silenzio fraintendibile ai giornali, e ancora di più alla gente, che invece “vorrebbe essere parlata”. È colpa di Scarfò se i cittadini di Siderno non hanno ancora chiare le dinamiche che portarono alla distruzione dell’azienda, perchè non si è avvalso degli strumenti a cui aveva diritto. Persino legali. Così anch’io se non avessi insistito a incontrarlo, per mia testardaggine, in quel bar di Siderno, avrei avuto in mano un’unica versione dei fatti. E mai lui mi avrebbe corretta. Né mi sarebbe venuto a cercare. Né mi avrebbe querelato. Vorrei, per questo, che su alcune questioni si facesse chiarezza…

Cosa c’era all’interno della Bp nel 1994, e cosa rimane oggi?

Il contenuto della Bp fu inventariato nel 1994 (a seguito dello scoppio del reattore) da un perito nominato dalla Procura. Negli anni successivi, l’azienda che non poteva produrre Cimetidina, ma che era stata autorizzata (sempre dalla Procura) alla bonifica del sito già nel 1995 (vedi documento in basso), riuscì a rivendere molte delle materie prime presenti, sotto la supervisione del custode giudiziario. Tutte le attività furono autorizzate e documentate dal magistrato di Procura. Ciò che resta oggi, dopo le parziali bonifiche del 2003 e del 2005, è un quantitativo di circa 200 fusti, quindi 40 tonnellate di materiale.

Quei fusti avrebbero potuto essere smaltiti fin da subito?

Scarfò propose ai carabinieri, subentrato suo malgrado il fallimento dell’attività, lo smaltimento definitivo dei materiali residui per una spesa di circa 20 milioni di lire, e la possibilità – per gli operai altamente specializzati della Bp – di lavorare ancora un po’ di tempo. L’impianto era dotato di un forno inceneritore all’avanguardia acquistato nel 1992 e pagato oltre tre miliardi di lire, che serviva a smaltire le acque reflue di lavorazione dell’azienda. Un colosso in acciaio inox che, a recuperare il materiale, frutterebbe ancora oggi migliaia di euro. La proposta non fu accettata e ciò costò, negli anni, numerosi “incidenti ad opera di ignoti”, centinaia di migliaia di euro in “ditte specializzate”, un processo a Scarfò per danno ambientale (da cui fu assolto), e il protrarsi del problema fino ad oggi (tanto da richiedere la mobilitazione di un’intera cittadina).

Dove fu costruita la Bp?

Dal Piano di fabbricazione, adottato nel 1974 dal Comune di Siderno, e dal Piano regolatore generale, adottato dal Comune nel 1980, si evince che la zona in cui ricade la Bp è tutta zona artigianale e industriale. Il Piano per gli insediamenti produttivi, invece, non fu mai approvato. La Bp fu dunque costruita nell’unico posto in cui avrebbe potuto sorgere, laddove gli insediamenti permessi erano solo “abitazioni per custodi”, e solo nel 1985 molte delle case esistenti furono condonate.

Il sito contiene amianto?

Sempre nel 1995 fu autorizzato dalla Procura lo svuotamento dei reattori e la bonifica dall’amianto (documento in basso), con la sostituzione delle coperture dell’intero capannone. Quindi il sito non contiene amianto.

L’inquinamento riscontrato nelle falde acquifere e nel mare di Siderno è stato causato dalla Bp?

Alla Bp non è stato imputato nessun episodio di inquinamento durante la sua attività, che va dal 1979 al 1994. Dalle carte e dai controlli effettuati negli anni risulta perfettamente in regola con le normative vigenti; gli episodi del 2005 sono imputabili all’incuria in cui il sito era stato lasciato e mai alla gestione dello stesso Scarfò che da esso, con l’atto di fallimento del 1999, fu definitivamente allontanato. Episodi, comunque, contenuti e risolti all’interno dell’area stessa. È doveroso, per chi risponde della salute dei cittadini di Siderno, indagare con attenzione sulle vere cause che cagionano danno ambientale. Quello che ci auguriamo è che, oltre ad ottenere i finanziamenti necessari alla bonifica del sito, la manifestazione in programma per l’8 luglio riesca a fare chiarezza sulle responsabilità di questi 23 anni di pasticci e di silenzio da parte delle autorità competenti; che la figura di Scarfò venga definitivamente riabilitata agli occhi dell’opinione pubblica, affinché non subisca oltre ai danni inestimabili la beffa di divenire – della Bp – il capro espiratorio; che lo stesso sia interpellato, in caso di bonifica e date le sue conoscenze in merito, per ottimizzare i tempi, gli sforzi, e chiudere definitivamente la vicenda. Che nulla sia cambiato, da circa 20 anni, lo testimonia l’appello sotto riportato. Una lettera con cui i suoi 35 dipendenti chiedevano che la Bp venisse valutata con competenza al zne di accertarne il valore sociale e imprenditoriale (in essa si produceva il 30% del fabbisogno  di Cimetidina, il farmaco innovativo che scongiurò le operazione per ulcera allo stomaco) e che i loro posti di lavoro non divenissero oggetto di campagna elettorale o dimostrazioni di forza politica. La preghiera, l’ennesima, l’ultima, che scrissero a Siderno…

Antonella Italiano – corrierelocride.it/

CHIAREZZA SULLA FABBRICA BP

E’ apparsa nei giorni scorsi, su un volantino distribuito a cura della “Alleanza per Siderno”, la nota a firma del candidato a sindaco, ing. Panetta, che riportiamo di seguito: FABBRICA BP. Dopo lo scoppio dell’impianto nella fabbrica BP, io emisi una ordinanza di sospensione dell’attività produttiva. Successivamente la Ditta ha comunicato la decisione di procedere alla riparazione del capannone e alla esecuzione di altri lavori per i quali è sufficiente una sola relazione tecnica allegata alla domanda. Ho comunicato tale pratica all’Autorità Giudiziaria, che aveva disposto il sequestro dell’impianto, ribadendo la validità di sospensione della produzione. Nonostante ciò, qualcuno, autodeznitosi “rinnovatore della politica”, va dicendo, per ingannare i cittadini che i lavori di riparazione sono da considerarsi come “riaper tura” della fabbrica. Che serietà!

DOMENICO PANETTA

ECCO LA SUCCESSIVA RISPOSTA DEI DIPENDENTI DELL’AZIENDA BP:

Come dipendenti dell’azienda Laboratorio BP, preoccupati che la nota dell’ing. Panetta possa trasformare la vicenda della nostra azienda in un caso politico oggetto della campagna elettorale in corso nel nostro paese, abbiamo ritenuto necessario indirizzare a tutti i candidati ed ai cittadini di Siderno il presente comunicato: L’azienda Laboratorio BP, Sita nella zona industriale in c.da Pantanizzi, è a Siderno 18 anni fa come una piccola realtà industriale nel campo della chimica farmaceutica e, negli anni, è cresciuta fino a diventare una delle più importanti attività produttive del nostro paese, operando sempre in conformità alla Legge. Al suo interno, al momento della sospensione dell’attività produttiva prestavano il loro lavoro 35 dipendenti, con professionalità di elevato profilo scientifico e di specializzazione (chimici, ingegneri, operai specializzati e qualificati), che hanno sempre dimostrato la loro capacità. Da due anni, rimasti privi del nostro posto di lavoro e di qualunque sostegno finanziario, abbiamo evitato e di questo chiunque deve darci atto – di trasferire all’amministrazione comunale, alle forze politiche od ai cittadini di Siderno i problemi, a volte drammatici, che abbiamo dovuto affrontare per mandare avanti con onestà le nostre famiglie, pur se abbiamo apprezzato le manifestazioni di solidarietà che ci sono pervenute (es. S.E. il Vescovo, il Sindacato). Qualcuno di noi non ha retto ed è emigrato. Gli altri sono rimasti ed hanno testimoniato, con la loro presenza, il loro diritto al lavoro, che coloro che non lo hanno mai avuto o che lo hanno perso, sanno quanto sia essenziale per avere dignità e rispetto in un consorzio civile. Sono rimasti pure per difendere il loro posto di lavoro nell’azienda Laboratorio B.P. e per non disperdere una capacità tecnica e produttiva accumulata in anni di esperienza. In questi due anni come lavoratori della BP, abbiamo fatto la nostra parte, assieme alla Proprietà dell’azienda ed agli Enti ed Uffici competenti, perché potessero essere avviati i lavori di riparazione e di riorganizzazione dell’azienda per la ripresa dell’attività produttiva. Tali lavori – che sono quelli cui si riferisce la nota dell’ing. Panetta – dopo essere stati esaminati, sono stati autorizzati con concessione edilizia comunale, parere dei Vigili del Fuoco, parere del Presidio Multizonale di Prevenzione, ecc. e, per ultima, anche dalla Magistratura. Crediamo che il nostro modo di affrontare il problema del diritto al lavoro sia di estrema serietà, abbia seguito un percorso responsabile e trasparente, sia indirizzato verso la ripresa produttiva rispettosa della Legge e dell’ambiente, non solo per la tutela dei dipendenti della Fabbrica BP ma anche per la comunità sidernese priva di preconcetti o di interessi inconfessabili. A chiunque si proponesse di ignorare o di ostacolare la osservanza della Legge, risponderemo in modo civile ma deciso. Con la convinzione della correttezza del nostro operato chiediamo all’ing. Panetta di rispettarci come lavoratori e come cittadini onesti di questo paese. Ai cittadini di Siderno, con cui ci sforzeremo, più di quanto finora abbiamo atto, di dialogare per superare le incomprensioni e le paure verso un tipo di produzione lontana dalle loro conoscenze quotidiane, chiediamo una maggiore attenzione e sensibilità ai problemi del lavoro e della disoccupazione.

Siderno, lì 30.10.96

I lavoratori della BP