La squadra mobile di Bologna ha eseguito due misure di custodia cautelare in carcere nei confronti di Simone Iacomino, 39 anni, ritenuto essere legato al clan dei Mazzarella e già detenuto, e di un 40enne campano, disoccupato e con precedenti alle spalle, individuato nell’ambito degli accertamenti che hanno portato gli investigatori, coordinati dal pm Roberto Ceroni e impegnati in collaborazione con il nucleo investigativo della polizia penitenziaria, a fare luce sull’introduzione di telefoni cellulari e sostanze stupefacenti all’interno del carcere della Dozza: un’inchiesta da poco chiusa, con 50 indagati.

Secondo quando accertato dagli agenti, il 39enne, che ora non è più detenuto a Bologna, ma in un’altra città, avrebbe coordinato le operazioni per portare questi apparecchi, destinati anche a detenuti legati a Camorra e ‘Ndrangheta, all’interno della casa circondariale, l’altro era il ‘corriere’, come definito dagli investigatori, incaricato di recuperarli e di pensare alle sim. In maggio, durante un blitz alla Dozza, durante il quale furono impegnati un centinaio di agenti, oltre ad essere passate al setaccio celle e spazi comuni, furono ritrovati quindici telefoni cellulari e venne arrestato un 40enne, dipendente della Dozza, incaricato del sopravvitto e incensurato, che, come ricostruito dalla mobile, comunicava con il ‘corriere’ ed era l’incaricato di distribuire i telefonini che avrebbe nascosto anche in sacchi di zucchero.

Come riportano oggi quotidiani locali, la Procura ha chiuso l’inchiesta: scoperti, in poco più di un anno e mezzo, oltre cento telefonini e sim, cinquanta le persone indagate tra le quali ci sono 44 detenuti ancora in carcere e sei che, da liberi, sono stati denunciati. Tra le denunce anche quella a una avvocatessa che venne scoperta entrare alla Dozza, con alcuni cavetti per i telefonini nascosti nei capelli. Dovranno rispondere di accesso indebito a dispositivi di comunicazione e alcuni anche di spaccio.

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