Come ogni anno, il prossimo fine settimana ricorrono i festeggiamenti di Santa Maria di Crochi, località dell’entroterra montano di Caulonia che insiste sul versante destro della fiumara Amusa, alle falde del monte Gremi. Da giovedi 5 settembre sino a domenica la vallata ritorna viva ed abitata come un tempo anche perché, finita la stagione al mare inizia il periodo di villegiatura nelle località montane. Località un tempo densamente abitate ma che a causa della massiva emigrazione degli anni ‘50/’60 dello scorso secolo sono oggi poco popolate come gran parte del territorio cauloniese. Località che viene ricordata anche per il tragico evento della “repubblica di caulonia”, quando nella canonica della chiesetta venne assassinato il parroco pro-tempore, don Gennaro Amato. Evento che mise fine alla rivolta popolare pretestuosamente avviata dopo l’arresto del figlio minore del sindaco Pasquale Cavallaro, Ercole. Oggi la località è anche meta di turismo religioso ed artistico grazie ad una realtà monastica voluta da Mons. Bregantini, già vescovo di Locri, l’Eremo delle Querce con una fiorente scuola di iconografia, la “Glikophilousa”. Riavvolgendo la pagine del tempo, basta richiamare le testimonianze di Padre Giovanni Fiore da Cropani, religioso dei frati Cappuccini Minori, autore “Della Calabria Illustrata”, che ci tramanda conoscenze di molti avvenimenti della Calabria del 1600. Trattando di Castelvetere (oggi Caulonia), tra le altre cose, scriveva che era forte il sentimento religioso al punto che esistevano più di quaranta luoghi di culto “varie chiese dentro, e fuori, massivamente in Santa Maria delle Grazie alle rive della Mosa (fiumara Amusa)…e in S. Maria delli Crochi cinque miglia verso i monti, ove la Gran Signora ordinò la fabrica ad un’eremita con queste parole: Hic habitatio mea est, ego protectio popoli hulas Civitatis”. Quella chiesa venne edificata, come tramanda la tradizione orale, alla sommità della spelonca ricavata nella roccia ove l’eremita aveva trovato rifuggio e dove raccoglieva i fedeli in preghiera. Intorno alla riedificazione di quella chiesa, avvenuta sul finire dell’800, anche una contesa su quale versante della fiumara realizzare il nuovo luogo di culto ovviata grazie ad un’altra apparizione. Questa volta al priore Domenico Circosta (detto Vrancata) che levava ogni dubbio, in quanto il luogo era stato delimitato da un filo d’oro (nottetempo era stato fuso l’oro delle donne della località, poi donato alla venerazione della Madonna, focendone un filo con il quale venne delimitata l’area ove venne eretta la chiesetta). Eretta la chiesa si poneva l’esigenza di una effige che lo stesso Domenico Circosta commissionò a maestranze del reggino che realizzarono la statua lignea che ogni anno, la seconda settimana di settembre viene portata in processione lungo il primordiale percorso circostante la località, sul greto della fiumara. Una maldestra teoria identificherebbe l’immagine della Vergine nella giovane figlia del principe di Castelvetere, muta, la quale alla vista della primordiale chiesetta avrebbe riacquistato la parola pronunciando il verso “Croch”. Teoria priva di fondamento anche perché la località prendeva il nome dalla crescita spontanea del crocus, pianta spontanea dalla quale veniva ricavato lo zafferano e che Padre Fiore ricordava essere una delle coltivazioni più fiorenti nel territorio di Castelvetere. L’emigrazione portava allo spopolamento della località, ma non la fede nella Madonna di Crochi che a partire dagli anni ’50 dello scorso secolo, in contemporanea a Caulonia viene vissuta nell’emisfero Sud del pianeta, in Australia ad Adelaide dove viene portata in processione una similare copia dell’effige. Festività che a Crochi hanno ripreso vigore a partire dal 1970 per iniziativa di due giovani, Ilario Ierace da Tumba e Ilario Fantò da Popelli, entrambi emigrati a Venezia. Da quella data è ripresa una tradizione molto sentita che richiama nella vallata, ogni anno, migliaia di fedeli che arrivano dai luoghi più disparati, ma anche e soprattutto emigrati e figli di emigrati che vi si recano con religiosa devozione. LA vallata ritorna in festa con tutte le usanze della tradizione popolare come la sagra della capra e del maiale mentre farà la comparsa l’oliva schiacciata e messa in salamoia, un tempo companatico per le popolazioni meno abbienti. ILARIA CAMERIERI TELEMIA