Sono state trovate solo tracce del dna della vittima sulla pistola da cui partì il colpo che uccise l’agente penitenziaria del carcere di Venezia, Sissy Trovato Mazza, morta il 12 gennaio scorso, dopo due anni di agonia, e per la quale la Procura sostiene la tesi del suicidio.
Lo afferma la perizia dei consulenti di parte: sull’arma non sono state trovate tracce biologiche di altre persone. La famiglia di Sissy si sta battendo da tempo per smentire la tesi del suicidio, sulla base anche di alcuni scritti che avevano fatto immaginare che la donne conoscesse «fatti gravi» riguardanti le colleghe nel carcere della Giudecca.
L’inchiesta è tuttora aperta. E proprio nella memoria conclusiva dei consulenti nominati dalla famiglia – lo riferiscono i giornali locali – si afferma che le due sole tracce ematiche nel lato posteriore destro della pistola d’ordinanza appartengono a Sissy Trovato.
La donna, mentre era in servizio esterno nell’ospedale di Venezia, era stata trovata in fin di vita il primo novembre
2016, con un colpo di pistola alla testa, in un’ascensore del nosocomio. La perizia avrebbe escluso anche interventi di formattazione o altre anomalie di rilevo sul pc dell’agente. Tuttavia, per i consulenti, il «posizionamento e l’unicità” delle tracce ematiche sull’arma potrebbero derivare anche da un imbrattamento nelle fasi successive all’evento. Per questo, affermano i legali della famiglia, saranno necessari ulteriori approfondimenti per stabilire l’effettiva dinamica del fatto.
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