Meno frodi creditizie con il lockdown del Coronavirus, ma i danni ammontano per un totale di 125 milioni di euro. Lo ha reso noto con un ultimo aggiornamento dell’Osservatorio sulle Frodi Creditizie e i furti di identità realizzato da CRIF-MisterCredit mostra che nel 2020 i casi rilevati sono stati oltre 21.800 per un danno stimato che sfiora i 125 milioni di euro. Considerando l’incidenza dei casi sui volumi di credito erogato, la Calabria si colloca al vertice delle regioni italiane maggiormente colpite (in 1ª posizione assoluta) davanti a Campania ed Abruzzo. A livello provinciale, il maggior numero di frodi è stato registrato nella provincia di Reggio Calabria, con 397 casi, seguita da Cosenza, con 337 e Catanzaro, con 170.
In generale, rispetto all’anno precedente, il numero di frodi risulta in netto calo (-32,4%) rispecchiando la contrazione delle erogazioni di credito alle famiglie dovuto all’emergenza sanitaria. Al contempo, però, è decisamente aumentato l’importo medio frodato (+21,8%), attestatosi a circa 5.650 Euro, a dimostrazione dell’efficienza delle organizzazioni criminali. In controtendenza rispetto all’andamento nazionale, invece, la Calabria che ha visto crescere a 1.152 i casi di frode rilevati (+5,8% rispetto al 2019) malgrado la contrazione delle richieste di prestiti personali e finalizzati.
Crescono gli importi truffati
Anche nell’ultimo anno il maggior numero di casi rilevati si concentra su importi al di sotto dei 3.000 Euro, in virtù della preponderanza delle frodi su operazioni di credito al consumo perpetrate presso le catene di distribuzione. La loro incidenza sul totale è però sensibilmente diminuita in favore dei casi di importo più elevato.
Nello specifico, sono aumentati notevolmente i casi di frode con importo tra i 10.000 e i 20.000 euro, che passano dal 10,1% del 2019 all’11,1% del totale nel 2020, e quelli oltre i 20.000 euro, che arrivano a toccare il 13,5% (+68,9% rispetto alla precedente rilevazione). A questo va aggiunto un leggero incremento (+2,5%) dei casi con importo tra i 3.000 e i 5.000 euro, che passano dal 10,4% del totale nel 2019 al 10,7% del 2020.
La dinamica in atto dimostra come i frodatori siano sempre più orientati verso quelle operazioni in grado di garantire un bottino cospicuo.
Le principali categorie di beni acquistati con un finanziamento fraudolento
Tra le forme tecniche di credito in cui si registra il maggior numero di eventi fraudolenti spiccano i prestiti finalizzati all’acquisto di beni e servizi (quali auto, moto, articoli di arredamento, elettronica ed elettrodomestici, ecc.), che rappresentano quasi la metà del totale con il 48,8% dei casi e presentano un importo medio pari a 6.292 Euro (valore in crescita del +13% rispetto al 2019, quando era di 5.500 Euro).
Entrando nel dettaglio dei beni e servizi acquistati con un prestito finalizzato ottenuto in modo fraudolento, quasi un terzo dei casi ha per oggetto elettrodomestici ma una quota significativa ha riguardato anche i comparti auto-moto (12,5% del totale), elettronica, informatica e telefonia (9,7%) e arredamento (7,9%).
Complessivamente poi le spese per la casa arrivano al 13,9%, con la categoria arredamento che rappresenta il 7,9% dei casi e i finanziamenti per interventi sugli immobili e ristrutturazione che rappresentano il 6,0% del totale.
Il profilo delle vittime
Dall’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio CRIF – Mister Credit emerge che, ancora una volta, la maggioranza delle vittime sono uomini (61,8% dei casi).
Osservando la distribuzione delle frodi per classi di età si inverte però la tendenza evidenziata nel 2019: la fascia di età nella quale si rileva il maggior incremento percentuale dei casi nel 2020 è quella degli over 60 anni (+10,6%), al contempo diminuiscono gli under 30 (-9,4%). La fascia compresa tra i 41 e i 50 anni scalza i più giovani dalla prima posizione, raccogliendo il 22,7% delle vittime.
Come vengono perpetrate e quando vengono scoperte le frodi creditizie?
Analizzando gli alert sui documenti identificativi segnalati sui servizi di prevenzione frodi gestiti da CRIF con anche la tramitazione delle banche dati SCIPAFI, emerge che nel 76,2% dei casi i frodatori hanno utilizzato una carta di identità falsa o contraffatta, nel 22,3% dei casi una patente.
Inoltre, circa il 1,4% dei documenti presentati in fase di identificazione anagrafica è una carta di identità contraffatta oppure valida ma non riconducibile al soggetto. Per le patenti, nel 4,5% dei casi si tratta di documenti inesistenti o non appartenenti al soggetto.
Emerge inoltre che nell’1,3% dei casi delle partite IVA verificate su SCIPAFI sono risultate essere inesistenti, mentre nel 2,7% dei casi il libero professionista ha dichiarato una partita IVA che risultava con posizione chiusa.
In merito alla tipologia del contratto di lavoro è emerso inoltre che lo 0,7% del totale delle pratiche di finanziamento di lavoratori dipendenti è risultata non conforme, contro una incidenza del’1,3% delle pratiche dei lavoratori autonomi e dello 0,5% rilevata per altre categorie, come i Cococo.
Per quanto riguarda i tempi di scoperta delle frodi, infine, sembra che questi si stiano spostando in avanti rispetto alle precedenti rilevazioni. Infatti solo il 36,3% dei casi viene intercettato entro i primi 6 mesi (nel 2019 era il 53%), mentre i casi in cui la frode viene scoperta dopo più di 5 anni sono aumentati del +44%.
“Spesso la vulnerabilità alle frodi è accresciuta da comportamenti a rischio delle vittime, ad esempio con la disinvolta pubblicazione sul web e sui social di dati anagrafici e identificativi o informazioni personali che possono essere utilizzate dalle organizzazioni criminali per ricostruire false identità. Per questo è indispensabile che i consumatori pongano la massima attenzione per proteggere adeguatamente la propria identità digitale, attivino un sms di allerta per controllare le transazioni con la carta di credito e sistemi che avvisano tempestivamente nel caso i dati personali vengono utilizzati per chiedere un finanziamento o se stanno indebitamente circolando sul web” – conclude Beatrice Rubini.