Rinvio a giudizio per due avvocati, consulenti tecnici di parte, medici e periti. È la richiesta della Dda di Catanzaro al gup nei confronti degli indagati ritenuti responsabili di aver prodotto falsi certificati medici e false perizie psichiatriche per fare uscire dal carcere Andrea Mantella.
Tutti devono rispondere a vario titolo di corruzione, favoreggiamento personale in concorso, frode processuale, falsa perizia, falsa attestazione a pubblico ufficiale.
La vicenda si riferisce alla scarcerazione del presunto boss emergenza del clan vibonese “Pardea Ranisi” che oggi ha deciso di collaborare con la giustizia.
Le indagini hanno scoperchiato un presunto sistema illecito che, coinvolgendo medici e avvocati, avrebbe prodotto benefici carcerari nei confronti dei propri assistiti, in alcuni casi esponenti di spicco della ‘ndrangheta.
I professionisti indagati sarebbero dunque accusati di aver trasgredito le leggi dello Stato e le regole deontologiche.
Il suo ruolo sarebbe stato quello di ospitare detenuti gravemente malati, ma che in realtà sarebbero stati sani, diventando di fatto una base operativa dove veniva deciso lo sviluppo della Locale di ‘ndrangheta.
Secondo le ipotesi di accusa i legali Staiano e Di Renzo in qualità di codifensori di Mantella nonché nel ruolo di istigatori. I loro colleghi Notarangelo, Cardamone, Rizzo e Scalise quali consulenti tecnici della difesa.
Mantella ne sarebbe stato dunque il beneficiario della condotta, in diversi scritti destinati all’autorità giudiziaria e con più azioni poste in essere in momenti diversi, risultando affetto da patologie psichiatriche tali da renderlo incompatibile con il sistema carcerario, ma anche indicando come necessaria la sua allocazione in una clinica esterna al circuito penitenziario.
La Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, contesta inoltre una serie di perizie sulle false patologie psichiatriche di Andrea Mantella, all’epoca dei fatti ritenuto soggetto apicale dei “Pardea-Ranisi” e promotore ed organizzatore del cosiddetto gruppo scissionista operante a Vibo.
In particolare nel febbraio del 2006 Mantella sarebbe stato protagonista di una evidente simulazione di un tentativo di suicidio nel carcere di Siano. Tentativo che per il medico di guardia del carcere non sarebbe risultato vero.
Nonostante il parere negativo del sanitario, alcuni dei medici specialisti, oggi indagati, avrebbero attestato il falso.
Per loro Mantella sarebbe stato affetto da patologie psichiatriche tali da renderlo incompatibile con il sistema carcerario o, addirittura, da “sindrome suicidaria”.
False perizie di parte redatte – secondo l’accusa – allo scopo di agevolare il lavoro degli avvocati difensori di Mantella e finalizzate alla sua scarcerazione.
LE RICHIESTE
La richiesta di rinvio a giudizio dei pm antimafia Antonio De Bernardo, Andrea Mancuso ed Annamaria Frustaci riguarda Andrea Mantella, 46 anni, di Vibo Valentia, collaboratore di giustizia; Francesco Lo Bianco, 48 anni, di Vibo; l’avvocato Salvatore Staiano, 63 anni, di Soverato, legale del Foro di Catanzaro; l’avvocato Giuseppe Di Renzo, 46 anni, del Foro di Vibo Valentia;
Santina La Grotteria, 46 anni, di Vibo Valentia, compagna di Mantella; Silvana Albani, 69 anni, di Camerino; Luigi Arturo Ambrosio, 82 anni di Castrolibero; Domenico Buccomino, 66 anni, di Cosenza; Massimiliano Cardamone, 43 anni di Catanzaro; Antonio Falbo, 56 anni di Lamezia Terme;
Sergio Lupis, 71 anni, di Siderno, consulente tecnico della difesa di Mantella; Mauro Notarangelo, 51 anni di Catanzaro, psichiatra e consulente di parte; Massimo Rizzo, 56 anni, di Catanzaro; Antonella Scalise, 62 anni di Crotone.
Mentre sono state archiviate le posizioni di altri due indagati: Sabrina Curcio, 51 anni di Lamezia Terme e Francesco Lacava, 62 anni di Pentone.
L’udienza preliminare è prevista per il 4 novembre davanti al gup distrettuale di Catanzaro, Teresa Guerrieri.
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