Una condanna a 13 anni e 2 mesi di carcere per associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa e peculato. Questa è la pena inflitta a Mimmo Lucano. Una condanna molto pesante, che però non lo hanno spinto a mollare, anzi lo ha già proiettato ad un futuro ricco di speranza. Come raccontato in un’intervista a La Stampa, Lucano continua a vivere nella stanza singola con un lettino ed una stufa. Non si è arricchito, dice, né si è fatto schiacciare dai 13 anni di condanna. Ora girerà una serie autobiografica per Netflix, tempo dopo quella fiction Rai che avrebbe dovuto raccontare la “sua” Riace. La tv di Stato l’ha stoppata dopo che l’ex sindaco è stato coinvolto nell’inchiesta giudiziaria. Quanto alle accuse, Lucano ammette di avere fatto “carte d’identità false per non buttare in mezzo alla strada delle persone” o aver gestito senza bando pubblico la raccolta dei rifiuti, perché quello “era l’unico modo per sottrarre la gestione dei rifiuti ai soliti noti”.
“Potevo farmi eleggere al Parlamento Europeo – afferma ancora Lucano – , in molti mi hanno offerto la candidatura. Sono nullatenente, a parte una vecchia Giulietta. Vivevo con l’indennità da sindaco da 1050 euro al mese, la mia era una missione. Ma se esiste Dio, ritornerò a fare il sindaco di questo paese. Quattordici anni si danno per omicidio. Riace era l’incubo di Salvini. Il processo nel merito non c’è stato. Ho fatto delle carte di identità false, questo sì. Pagandole a mie spese per non buttare in mezzo alla strada delle persone. L’unica cosa per cui mi sento in colpa è la mia famiglia. Sono andati via: ho sbagliato nei confronti dei miei figli e di mia moglie”.
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