Una serie di furti di auto, furgoni, ma anche scooter con lo scopo di “restituirli” ai rispettivi proprietari ma evidentemente solo dietro il pagamento di una determinata somma: in gergo l’ormai nota tecnica del “cavallo di ritorno”.

In realtà una vera e propria estorsione, reato di cui sono accusati, oltre a quello di ricettazione, ed a vario titolo, alcuni soggetti appartenenti alla comunità rom di Lamezia Terme e che stamani, nel corso dell’operazione chiama in codice “Redemptio”, sono finiti in manette: si tratta di quattro persone, per due delle quali si sono spalancate le porte del carcere, una terza che è stata sottoposta ai domiciliari, ed una quarta, ancora minorenne, che è stata collocata in una comunità ministeriale.

L’inchiesta – che tradotta dal latino non a caso significa “riscatto” – fa ritenere agli inquirenti di aver ricostruito numerosi delitti “autonomi”, fotografando i fatti contestati grazie ad indagini tecniche e tradizionali, tra cui pedinamenti informatici, analisi del traffico telefonico e dati, oltre che a servizi di osservazione e controllo.

I carabinieri sostengono quindi di aver fatto luce sul modo di agire, concorsuale, degli indagati e di procedere nel corso delle investigazioni anche all’arresto in flagranza di due di quelli oggi arrestati e alla denuncia del presunto complice minorenne.

L’indagine è scaturita dalla recrudescenza di furti di veicoli, puntualmente ritrovati poche ore dopo in circostanze ritenute “anomale”, tanto da indurre gli inquirenti ad approfondire il fenomeno.

DALLA DENUNCIA ALLE INDAGINI

Le attività, in particolar modo, sono state avviate dopo che il 20 aprile scorso è stata rubata un’auto nelle adiacenze del Palazzo di Giustizia.

Alcune ore più tardi la vittima ha ricevuto infatti sul suo cellulare una telefonata nella quale gli si chiedevano soldi per vedersi restituire il veicolo.

In questo caso l’immediata denuncia ai Carabinieri dell’accaduto, ha consentito che venisse avviata un’investigazione grazie alla quale, non solo sono stati identificati in breve tempo i presunti autori del furto e dell’estorsione, con il conseguente recupero dell’auto, ma anche di portare alla luce svariati episodi predatori, avvenuti con lo stesso metodo sempre nel lametino.

Il modo d’agire, come dicevamo, era sempre lo stesso: dopo il furto, consultati i documenti di circolazione, i malviventi risalivano al numero telefonico dell’intestatario che veniva così contattato e gli venivano richiesti tra i cinquecento ed i mille euro in contanti per “rivedere” il proprio mezzo.

In caso contrario, cioè di rifiuto a pagare per la restituzione, lo stesso veicolo sarebbe stato incendiato o comunque “cannibalizzato” recuperandoci componenti destinati al “mercato nero” dei ricambi. Ù

Le indagini, svolte tra aprile e luglio di quest’anno, hanno documentato numerosi furti con la conseguente richiesta estorsiva e, nella maggior parte dei casi, anche grazie alle denunce sporte immediatamente dalle vittime, è stato possibile recuperare i veicoli senza che si concludesse l’estorsione con la consegna del denaro.

Inoltre sono stati ricostruiti altri numerosi eventi per i quali le vittime avevano accettato di pagare il prezzo del riscatto senza formalizzare alcuna denuncia per paura di ritorsioni.

BECCATI SUL FATTO

Nel corso delle indagini, poi, due degli indagati sono stati arrestati in flagranza la notte del 5 agosto – in collaborazione con gli agenti del Commissariato cittadino, per il furto di un’utilitaria e sei furti aggravati su veicoli in sosta (uno consumato e cinque tentati), in prossimità dello scalo ferroviario centrale di Lamezia. Per gli stessi fatti l’indagato minorenne è stato denunciato a piede libero.

A destare particolare preoccupazione è proprio il coinvolgimento di quest’ultimo, il cui presunto coinvolgimento, secondo gli inquirenti evidenzierebbe “una sua precoce adultizzazione” dimostrando “la necessità di interventi il più possibile tempestivi in contesti di particolare marginalità sociale e povertà educativa per promuovere forme di prevenzione e reinserimento sociale che vogliano essere effettivamente efficaci, con impegno sistematico e coordinato di tutte le istituzioni in relazione agli specifici profili di competenza”.

L’OPERAZIONE

L’operazione è stata condotta dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Lamezia Terme, con il supporto dei colleghi delle Stazioni dipendenti, del personale della Compagnia Intervento Operativo del 14° Btg “Calabria” e delle unità del Nucleo Cinofili dell’Arma di Vibo Valentia. Le ordinanze sono state emesse dal Gip del Tribunale della città della Piana e dal collega del Tribunale per i Minorenni di Catanzaro, su richiesta della Procura della Repubblica lametina e della Procura per i Minorenni catanzarese.

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