Non si riesce a rimanere in silenzio, lo sdegno è enorme, indignarsi pubblicamente è il minimo che si possa fare. Una frase “atroce” quella scritta nascondendosi dietro lo schermo di un computer da un essere che non mi sento di definire “umano”, per la quale nessuna giustificazione può essere addotta , atroce come le violenze che si subiscono. La frase è quella che da giorni rimbalza su tutte le tv e quotidiani, è quella scritta da Abid Jee, mediatore culturale 24enne di Crotone, che commenta su Facebook la violenza di gruppo su una spiaggia di Rimini ai danni di una ragazza polacca con parole gravissime, che lasciano allibiti, che feriscono e offendono la dignità delle donne : “Lo stupro è peggio ma solo all’inizio, poi la donna diventa calma ed è un rapporto normale”.
Lo aveva detto Umberto Eco dopo aver ricevuto dal rettore Gianmaria Ajani la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media”.. “La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità. I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.
Le parole dell’ ultimo imbecille sono pesantissime e rischiano di ferire quanto i gesti violenti commessi sulle donne, e solo un imbecille può pensare una cosa simile, lo stupro è un fatto gravissimo, le esperienze di vittimizzazione sono esperienze traumatiche, senza se e senza ma. Un’esperienza simile, dove non si sa se si sopravvivrà e dove si provano emozioni così forti, tali da essere insopportabili, segna indelebilmente, lasciando profonde ferite nella psiche della vittima.
La violenza contro le donne è riconosciuta oggi dalla comunità internazionale come una violazione fondamentale dei diritti umani e la frase scritta su facebook suona come il prodotto della più profonda arretratezza culturale che vede la donna come “oggetto” degli istinti bestiali di un uomo.
Dobbiamo ricordarci ogni istante di ogni giorno di non abbassare mai la guardia verso la violenza di genere. L’unica vera difesa verso gesti di questo tipo è la prevenzione e un netto cambio di cultura dove il rispetto della persona – della donna nello specifico – sia elemento imprescindibile affinché le donne non debbano più essere considerate proprietà privata di nessuno, fuorché di loro stesse.
E allora come donna delle istituzioni chiedo che l’educazione sentimentale e l’educazione di genere diventino corsi obbligatori nelle scuole italiane, come accade in tanti Paesi europei. Chiedo all’ assessore regionale alla Pubblica Istruzione, Federica Roccisano, di dare attuazione a questo aspetto da lei già attenzionato . La politica in questo non può rimanere ai margini, bisogna richiamare ad una maggiore attenzione in un’ ottica preventiva la scuola, ma soprattutto la famiglia, luoghi di crescita e di formazione per i nostri giovani , perché “violenti non si nasce, ma si diventa”. Infatti, solo se si riescono a capire le condizioni che producono il comportamento aggressivo ed evitare che si verifichino nella vita del bambino, si può sperare di cambiarle e prevenirle.
Poi credo sia necessaria un’ azione più incisiva di monitoraggio che consenta di conoscere i bisogni e la realtà locale, mobilitare le risorse disponibili nel contesto territoriale, mettere in comunicazione gli attori pubblici e privati, responsabilizzarli nella progettazione e attuazione di interventi che vanno verificati costantemente.
Per questo, come capogruppo di Nuova Calabria, chiederò al Sindaco di Bovalino di dare priorità alla costituzione della Commissione Pari Opportunità come strumento che ponga le basi per una programmazione condivisa e concertata in tema di politiche di contrasto alla violenza e discriminazione di genere.
Maria Alessandra Polimeno*: capogruppo Nuova Calabria al Comune di Bovalino