Giovanni Figliomeni aveva ventotto anni e non poteva immaginare che un giorno avrebbe fatto il gelataio. E nemmeno a casa sua, in Calabria, ma al Nord: Bologna. Nel luglio del 1989 non era ancora caduto il muro di Berlino e Giulio Andreotti si apprestava a entrare per la sesta volta a palazzo Chigi, scacciandone Ciriaco De Mita. Mentre a Siderno, città di 18 mila abitanti adagiata sulle costa jonica calabrese a cinque chilometri da Locri, la ditta individuale Figliomeni del suddetto Giovanni completava i lavori che le erano stati commissionati dalla Usl 24. Diceva il capitolato: «Trasloco dell’Ufficio Sanitario, trasporto della documentazione amministrativa, trasferimento degli arredi e di altro materiale, pitturazione di tutti i locali». Importo: 22 milioni di lire, Iva compresa. Avevano una premura tale, quelli della Usl, che i lavori erano stati assegnati a Giovanni Figliomeni con procedura «d’urgenza». Ma la stessa fretta non ebbero quando si trattò di pagare. Non l’ebbero loro, né l’ha avuta chi nei lustri seguenti ha preso di volta in volta il loro posto.

412 giorni: è il ritardo medio con cui paga la Calabria

Le statistiche dicono che in un Paese nel quale a dispetto delle promesse lo Stato paga tuttora i propri fornitori con una lentezza spaventosa, la sanità calabrese è fra le amministrazioni pubbliche peggiori. La media dei ritardi, dicono i dati di Confindustria relativi all’agosto 2016, è di 412 giorni. Ma possiamo star certi che davanti alla prospettiva di incassare il dovuto dopo 14 mesi Figliomeni ci avrebbe messo la firma. Perché sono passati 27 anni e ancora aspetta. La sua vicenda, al pari di molte altre in questo Paese, ha contorni kafkiani. È il luglio 1989, il caldo è torrido e i sonnacchiosi uffici amministrativi della Usl di Siderno se la prendono comoda. Pagheranno dopo le ferie, immagina Giovanni. Arriva settembre, ma dell’assegno neppure l’ombra. Passa Natale, e ancora niente. Finisce l’inverno, e nulla succede. Figliomeni allora passa al contrattacco. Va da un avvocato, Francesco Macrì, che ha appena compiuto trent’anni, e fa causa alla Usl. A Siderno fanno spallucce: si sa come va la giustizia in Italia, figuriamoci al tribunale di Locri. Infatti la sentenza di primo grado arriva dopo quattro anni, nel 1994, ed è sorprendentemente negativa. A Siderno si fregano le mani. Ma Giovanni non si arrende e fa appello.

 Dieci anni per l’appello

Se per il giudizio di primo grado sono passati quattro anni, per l’appello ne passano addirittura dieci. La sentenza arriva nel 2004, e stavolta il giudice gli riconosce il diritto a essere pagato. Già, ma da chi? La Usl nel frattempo è diventata Asl e la situazione della sanità nel reggino negli anni è tale che i commissari succedono ai commissari. E la pratica Figliomeni resta sempre sulla scrivania, in fondo a tutte le altre. Con i soldi della Asl al sicuro in cassaforte: tutte le procedure esecutive si infrangono contro il muro dell’impignorabilità dei fondi della sanità.

Briciole

Poi, un giorno, qualche anima pia decide di sganciare un anticipo: 13 mila euro. Ma è una briciola, perché nel frattempo, con gli interessi che sono maturati, il conto è salito a più di 30 mila. E poi c’è ancora la Cassazione. Che decide, dopo altri 5 anni dall’appello, di confermare che Giovanni ha diritto a essere pagato. A questo punto qualcuno salderà il conto, penserete. Invece no. Siamo al 2009 e tutto tace. Tacerà ancora per sei anni, quando Figliomeni e Macrì, ormai sfiancati e anche un po’ incanutiti, si rivolgono nel 2015 al Tribunale amministrativo regionale perché intimi all’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria di chiudere la penosa vicenda.

Commissario ad acta

Il Tar reggino ci mette quasi un anno per decidere, ma poi fa anche di più. Il 22 giugno 2016 nomina un commissario ad acta perché provveda in tempi rapidi al pagamento. E chi è? Il prefetto di Reggio Calabria, che però in quel momento è in fase di avvicendamento. Quello nuovo arriva il primo settembre, si chiama Michele Di Bari e si trova subito sul tavolo questa storia sconcertante. Avendo un’unica certezza: che per non pagare l’equivalente di 9.500 euro più Iva lo Stato avrà speso alla fine almeno venti volte tanto per interessi, cause e processi. Il 10 ottobre 2016 Figliomeni, che di anni ne ha ormai quasi 56, aspetta ancora. Nel frattempo, però, non se n’è stato con le mani in mano. Ha cambiato vita. Fuori dalla Calabria. Si è messo a fare il gelataio a Bologna. La gelateria si chiama il Gelatauro e Tripadvisor gli ha dato il certificato di eccellenza. Un successone, per il quale dovrebbe forse ringraziare questa sventurata vicenda. Lo stesso non si può dire di chi non l’ha pagato 27 anni fa: ne ha fatto scappare un altro dalla sua terra. Complimenti.

Sergio Rizzo tratto da roma.corriere.it

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