Tutto è partito da una investigazione dei carabinieri sul traffico di droga nel Lametino, per poi allargarsi anche oltre il Pollino, giungendo addirittura fino nel nord Italia, in Liguria e Piemonte in particolare.
È così che gli investigatori sono arrivati a ipotizzare (e ricostruire) l’esistenza e l’operatività di una cosca, egemone nei territori di Maida e di Cortale, nel catanzarese, particolarmente attiva nel commercio degli stupefacenti e nello sfruttamento del settore boschivo, e facente capo ad esponenti della famiglia Cracolici, che risulta inserita nel più ampio sistema ‘ndranghetistico geograficamente collocato tra la provincia di Vibo Valentia ed il circondario di Lamezia Terme.
Gli inquirenti ritengono che il clan – avvalendosi anche dei rapporti con due esponenti delle forze dell’ordine, oggi finiti anche loro in arresto – sarebbe riuscito a controllare capillarmente il territorio, venendo riconosciuto nel suo ruolo non solo dalle comunità locali ma anche dalle altre consorterie mafiose delle aree vicine.
Come accennavamo all’inizio, il gruppo avrebbe poi dimostrato un particolare attivismo proprio nel redditizio traffico di stupefacenti.
Le indagini avrebbero fatto emergere difatti un sodalizio parallelo, che operava comunque sotto l’egida e nel contesto della stessa cosca, e che si sarebbe occupato specificatamente della produzione e del traffico della droga di vario genere, delineandone la struttura e le linee d’azione.
L’INTRICATA RETE DI COLLEGAMENTO
In particolare, a seguito del monitoraggio – avviato fin dal novembre del 2021 – di alcune piazze di spaccio situate tra il parco Peppino Impastato e via del Progresso a Lamezia, grazie alle diverse attività captative, confermate poi da importanti riscontri e sequestri a carico di pusher e assuntori, emergerebbe progressivamente una sempre più intricata rete di collegamenti.
Rete che ha condotto fino ai canali di approvvigionamento dello stupefacente, riconducibile alla più articolata organizzazione criminale, gestita sempre dagli esponenti dei Cracolici, e che sarebbe stata in grado di movimentare grossi quantitativi di marijuana e cocaina.
Gli investigatori spiegano dunque che la presunta associazione, grazie alle influenze criminali vantate e ai rapporti intrattenuti con altri soggetti del reggino e del crotonese, sarebbe stata in grado di garantire rifornire molti spacciatori del Lametino, alcuni dei quali già in precedenza raggiunti da una misura cautelare durante le operazioni note come “Warehouse”, del febbraio del 2022, e Svevia, del febbraio del 2023.
LA PRODUZIONE DELLA DROGA
Il gruppo sarebbe riusciti a mettere in atto, anche con la compiacenza di un esponente delle forze dell’ordine, un collaudato sistema di produzione della marijuana, diversificando le piantagioni in più siti ritenuti sicuri, localizzati in terreni situati nella città della Piana, a Maida e a Mesoraca (nel crotonese). In totale, sono state monitorate e sequestrate cinque piantagioni, per un totale di 4.600 piante di cannabis indica.
Nel corso dell’attività sono stati poi arrestati in flagranza, per detenzione di stupefacenti, sedici indagati e ne sono stati denunciati in stato di libertà altri dieci, oltre ad essere sequestrarti circa 150 chili di marijuana e diverse dosi di cocaina.
È emersa anche la disponibilità di armi da fuoco da parte di diversi soggetti controllati, arrivando a sequestrare tre pistole clandestine e il relativo munizionamento.
LE FALSE TESTIMONIANZE
In questo, oltre alla capacità di garantire il sostentamento delle spese legali dei sodali che venivano arrestati, si è appurato che il gruppo fosse capace di interferire anche nello svolgimento di un processo a carico di uno dei presunti complici, grazie a delle false testimonianze che avrebbero avuto lo scopo indurre in inganno i giudici e dunque ottenerne l’assoluzione.
Gli inquirenti sostengono poi di aver fatto luce sulla struttura e il modo di operare di un’ulteriore associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, in particolare marijuana e cocaina, operante a Lamezia Terme e organizzata con una struttura di spacciatori, e che svolgeva una intensa attività di vendita di droga, con uno spaccio diffuso dalla base logistica che era in via R. Il Guiscardo di Lamezia Terme, dove di deteneva, nascondeva e smerciava la “roba”.
IL BLITZ E I REATI CONTESTATI
Il blits dell’operazione Artemis è scattato all’alba nel lametino e in altri centri del territorio nazionale, dove i Carabinieri del Comando Provinciale di Catanzaro, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno eseguito 59 arresti, 50 in carcere e 9 ai domiciliari. In tutto sono però 86 gli indagati.
I reati ipotizzati a vario titolo sono di associazione ‘ndranghetistica e associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, anche aggravata dalle modalità e finalità mafiose, e di corruzione, favoreggiamento personale, falsa testimonianza, incendio, ricettazione, falso ideologico, oltre che in materia di armi e di coltivazione, detenzione e commercializzazione di stupefacenti.
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