Sulle rotte della globalizzazione un altro pericolo arriva da Oriente: parliamo del killer degli alveari: la vespa velutina. Un insetto che ha la dimensione di un calabrone, arrivato alcuni anni fa in Francia in un carico di bonsai dalla Cina e da li’ migrato nel nostro Paese, dove ha iniziato a fare strage di arnie, soprattutto in quelle della riviera ligure di ponente. Ma l’avanzata non si e’ fermata. Il temibile cacciatore, e’ stato avvistato anche in Toscana. Solo qualche settimana fa la rete fra scienziati dell’Universita’ di Firenze e Pisa e alcune associazioni apicoltori ha registrato nuove segnalazioni del terribile predatore di api e insetti impollinatori. E la diffusione, se non fermata, potrebbe avere effetti devastanti non solo sull’apicoltura ma anche su ecosistema e biodiversita’. La primavera e’ uno dei periodi cruciali per fermare l’avanzata dell’insetto attraverso le trappole cattura regina che gli apicoltori hanno gia’ iniziato a posizionare nelle loro arnie. Ed e’ cosi’ che nelle settimane scorse, ben cinque regine, le ‘mamme’ delle vespe operaie che insidieranno gli alveari nei mesi estivi, sono state catturate. L’ultima solo pochi giorni fa a Massa. Eliminare una regina significa difatti eliminare la formazione di nuove colonie con migliaia e migliaia di cacciatrici. “Gia’ cinque avvistamenti a inizio stagione non sono un bel segnale”, spiega la professoressa Rita Cervo, etologa nel Dipartimento di Biologia dell’Universita’ di Firenze e professore associato di Zoologia, punto di riferimento della rete Stop Velutina. “Il fronte avanza. In Liguria, zona di penetrazione in Toscana della vespa, la situazione e’ drammatica, sebbene la sua diffusione sia stata in qualche modo rallentata rispetto a quanto avvenuto in altri paesi europei. Ora, dopo il focolaio di un anno fa a Massa, registriamo il primo avvistamento a Carrara”. Rita Cervo nei prossimi giorni incontrera’ i referenti della Regione Toscana, assieme alle associazioni di apicoltori, per riaccendere i riflettori sul problema. “L’obiettivo e’ arginare il fenomeno. Noi, grazie agli apicoltori, facciamo monitoraggio per conoscere la sua localizzazione sul territorio e cerchiamo di sensibilizzare la gente comune al problema perche’ ci aiuti a controllare la diffusione di questa specie aliena attraverso segnalazioni che possono avvenire sul nostro sito o ai numeri di telefono indicati”. La Cervo spiega inoltre che la velutina e’ cosi’ pericolosa per le nostre api perche’ “essendo una specie aliena, e quindi un predatore che le nostre api ‘non conoscono’, queste non hanno ancora evoluto una strategia di difesa. Cosi’ finiscono per uscire sempre meno dal nido, impaurite, e la colonia senza scorte di cibo si indebolisce”. “L’apiario, si puo’ dire, e’ il supermercato delle velutine – spiega ancora la biologa – che hanno bisogno delle proteine contenute nei muscoli delle api per nutrire le larve e allevare nuove regine. Le operaie velutine si posizionano in volo statico pattugliando gli alveari e aspettano il ritorno delle api bottinatrici, stanche e cariche di polline, per ghermirle, staccar loro testa e addome e sventrarle per strappare i muscoli del torace”. “Questo – prosegue Rita Cervo – e’ un momento di poca pressione predatoria perche’ siamo nella fase in cui la regina sta costruendo il nido primario, di solito posizionato a bassa altezza su manufatti umani. Questo inizia come una piccola arancia e arriva a dimensioni impressionanti, anche di un metro, dopo che i calabroni lo hanno spostato a notevoli altezze spesso nascosto tra le fronde degli alberi. Tutto inizia difatti da una regina fecondata, che si e’ accoppiata sul finire dell’estate e sverna da sola in un luogo protetto. E’ lei che da’ origine a tutto e per questo e’ importante catturarla”. E, mentre in Cina e in Corea esistono altre specie di calabroni che, condividendo lo stesso habitat, tengono testa alla velutina e ne limitano la diffusione, in Italia per ora non c’e’, oltre al monitoraggio costante e alla distruzione dei nidi quando si riesce a individuarli, un altro modo per ricacciare questa specie aliena che sembra seguire una precisa linea geografica di avanzamento e che pero’ potrebbe con un ‘salto’ arrivare in altre regioni: “Come il primo esemplare e’ arrivato in Francia dalla Cina sui container – commenta la professoressa Cervo -, cosi’ potrebbe avvenire, in modo casuale, anche saltando dalla Toscana alla Calabria, per esempio. Percio’ e’ importante sensibilizzare la gente comune sul problema e invitarla a segnalarci eventuali presenze sospette”.
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