Sabato 26 e domenica 27 marzo anche in numerosi siti della Calabria tornano le Giornate Fai di Primavera, il più importante evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese. Lo riferisce una nota. Oltre 700 luoghi solitamente inaccessibili o poco conosciuti in 400 città saranno visitabili a contributo libero, nel pieno rispetto delle norme di sicurezza sanitaria, grazie ai volontari di 350 Delegazioni e Gruppi Fai attivi in tutte le regioni (l’elenco dei luoghi aperti in Calabria, con le modalità di partecipazione, sono consutabili nel file allegato alla fine dell’articolo).

Le Giornate Fai quest’anno compiono “trenta primavere”: dal 1993 a oggi, 14.090 luoghi di storia, arte e natura aperti in tutta Italia, visitati da oltre 11.600.000 di cittadini, grazie a 145.500 volontari e 330.000 studenti “Apprendisti Ciceroni”. Un traguardo esaltante, che tuttavia non potrà essere solo una festa. Nel pieno di una guerra che segna tragicamente la storia europea, non è il momento di festeggiare, né di invitare gli italiani a distrarsi nel puro godimento delle meraviglie del nostro Paese, ma piuttosto a concentrarsi sul significato e sul ruolo del patrimonio culturale che riflette la nostra identità, testimonia la nostra storia e rinsalda i valori del vivere civile. In cos’altro si incarna, del resto, l’identità di un popolo se non nella sua storia, nella cultura e nella tradizione? I monumenti, il paesaggio, le opere d’arte raccontano chi siamo a chi non ci conosce e alle generazioni presenti e future: il patrimonio culturale è come il patrimonio genetico di un popolo, che conserva a perenne memoria un codice di esperienze e valori condivisi su cui si fonda la nostra umanità.

Mai come quest’anno, allora, le Giornate Fai – prosegue la nota – «mostrano il loro più autentico spirito civico ed educativo, che è nella missione del Fai: visitare gli oltre 700 luoghi eccezionalmente aperti dai volontari del Fai sarà l’occasione per conoscere la nostra storia e riflettere su quanto può insegnarci per affrontare il presente e il futuro, perché ciò che siamo e che abbiamo non sia dato per scontato, ma sia compreso e apprezzato come esito di lunghi e talvolta drammatici trascorsi che ci accomunano come italiani, europei, e con l’umanità tutta. Proteggere, conservare e valorizzare il patrimonio culturale, aprendolo al pubblico e invitando tutti gli italiani a conoscerlo e frequentarlo: questa è la missione del Fai, che proprio in questi tempi bui, in queste Giornate Fau, trova un senso ancor più profondo e una funzione ancor più necessaria e urgente. Il Fai, come istituzione della Repubblica, ha scelto di esprimere in maniera esplicita la vicinanza e la solidarietà con il popolo ucraino esponendo i colori della sua bandiera in tutta la comunicazione e nei Beni, ma la Fondazione vuole dare un contributo concreto e perciò si impegna oggi formalmente a finanziare il recupero di un’opera d’arte del patrimonio culturale ucraino che sarà individuato non appena cesserà la guerra e sarà avviata la ricostruzione del Paese».
Chi deciderà di prendere parte alle Giornate Fai potrà offrire un contributo per sostenere la Fondazione. Ai partecipanti verrà suggerito un contributo non obbligatorio a partire da 3 euro e la donazione online su www.giornatefai.it consentirà, a chi lo volesse, di prenotare la propria visita; per molti luoghi, soprattutto nelle grandi città, la prenotazione online è consigliata per garantirsi l’accesso alla visita. Chi lo vorrà, potrà sostenere ulteriormente il Fai con contributi di importo maggiore oppure con l’iscrizione annuale, sottoscrivibile online o in piazza in occasione dell’evento (box in fondo per dettagli).
Un weekend – conclude la nota del Fai – «per riconnetterci alla storia e alla cultura dell’Italia, che permetterà ai visitatori di sentirsi parte dei territori in cui vivono e di cui spesso non conoscono appieno la bellezza e il valore. Verranno aperti ville e palazzi storici, aree archeologiche, chiese di grande valore architettonico o storico-artistico, esempi di archeologia industriale, castelli, biblioteche, collezioni d’arte e musei. Non mancheranno itinerari nei borghi alla scoperta di angoli meno noti del paesaggio italiano, dove si conservano tesori nascosti e si tramandano antiche tradizioni, e visite didattiche in parchi urbani, orti botanici, giardini storici e cortili, che nascono dall’impegno messo in campo dalla Fondazione per la diffusione di una più ampia “cultura della natura».

ARDORE – DAL DONGIONE AL CASTELLO FEUDALE

Apertura in collaborazione con la Commissione europea. Il borgo ha beneficiato di fondi europei – Fondo europeo di sviluppo regionale.

Ardore, terra d’aria, di mare, patria di ardimentosi e sognatori, distesa su un colle di tufo dai fianchi ripidi, antica vedetta che, immota e silente, dall’alto Dongione, non perde di vista la costa sabbiosa e lo Jonio tra la punta di Stilo ed il capo Zeffirio. Le case si stringono attorno a due piazze graziose e la chiesa del Santo francese Leonardo, si affaccia su quella più grande; il vecchio turrito castello evoca un tempo passato di fasti e miserie. Aromi e profumi di salvia, melissa, zagara, ginestra e di altri mille fiori: “Ardor et Odor”, due sole parole sullo stemma civico, sintesi perfetta di un luogo da visitare e ricordare. Il paese dista circa 88 chilometri dalla città di Reggio Calabria e fa parte del comprensorio della Locride.

Il più antico riferimento documentale ad Ardore risale a un atto dell’anno 1101, incluso nel “Codice Vaticano Latino 10606”, riguardante la concessione, all’Abbazia della SS.ma Trinità di Mileto, di alcuni possedimenti fondiari posti “in Maritima Ariduri”. Dall’età medievale in poi, nel dominio di Ardore, all’epoca casale di Gerace, si avvicendarono diversi feudatari appartenuti a importanti casate, quali Ruffo, Caracciolo, Acciajoli, da Barbiano, d’Aragona, Fernàndez de Còrdoba, Ramirez, de Marinis, Bologna e Capecelatro. Fu nel corso del successivo governo della famiglia Gambacorta, durante il quale fu costruito il locale castello feudale, che Ardore, nel 1649, divenne ducato autonomo comprendente i casali di Bombile e San Nicola delli Canali. Passato in seguito nella titolarità della famiglia Milano, nel 1702 il feudo, elevato a principato con titolo concesso nel 1702 da Re Filippo IV, assurse a capoluogo dello “Stato di Ardore”, vasto comprensorio feudale comprendente inoltre le città di San Giorgio, Polistena, Melicucco, e Siderno. Tra gli ultimi feudatari è da ricordare Giacomo Milano (1699-1780), secondo principe di Ardore, ambasciatore del Regno di Napoli presso la corte di Francia e, anche, celebre musicista del suo tempo: tanto che Jean-Jacques Rosseau, nell’opera “Dictionnaire de Musique”, ammirò il genio artistico di quel diplomatico, noto come “Monsieur le Prince d’Ardore”, molto apprezzato per la vivacità della creazione e per la forza dell’esecuzione musicale. Dopo l’unità d’Italia, il paese fu teatro di un cruento tumulto popolare avvenuto il 4 e 5 settembre 1867 e riportato dalle cronache storiche come “i fatti di Ardore”, ricordati anche da Edmondo De Amicis, all’epoca ufficiale del Regio Esercito acquartierato in Gerace. Quei tragici avvenimenti, come nella colonna infame di manzoniana memoria, furono originati da un’epidemia colerica che colpì allora gli abitanti e dalla conseguente spietata rappresaglia contro i presunti untori, durante la quale furono uccisi molti innocenti tra uomini, donne e finanche fanciulli. A quei crimini, le cui cause recondite sono riconducibili, anche e soprattutto, in un’annosa e torbida lotta intestina tra locali consorterie familiari di contrapposta fede politica (filoborboniche nostalgiche da un lato e liberali dall’altro), seguì un processo penale concluso, nel 1871, con sentenza della Corte di Assise di Reggio di Calabria: la quale, pur avendo condannato a pesanti pene detentive i principali esecutori materiali dei reati, lasciò tuttavia impuniti, per insufficienza di prove, gli occulti astuti fomentatori dei fatti delittuosi.

Il “Dongione”, la porta urbica situata in basso, a guardia della costa ha forma di grosso torrione parallelepipedo dotato di feritoie e cannoniere. In esso si conserva parte del sepolcro di Orazio Gambacorta I duca di Ardore. Il Castello è una fortezza quadrilatera del XVII sec. con due bastioni rettangolari e due circolari, con corte centrale e vani residenziali; al piano inferiore si trovano le scuderie e altri vani di servizio. Nella Chiesa Matrice e chiesa di S. Rocco gli edifici conservano preziosi arredi come altari marmorei napoletani, statue lignee, una Madonna del Rosario. Invece, nella Spezieria Macrì, una sala ovale con stucchi del XIX sec. vi è esposto un “Cristo morto” del 1926.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI?

Il percorso proposto condurrà i visitatori, anche con guide d’eccezione, nella Terra di Ardore. Situata su un terrazzo prospiciente il mare, ha un regolare impianto urbanistico con quattro strade parallele in senso E/O che scendono verso il “Dongione”, Torrione utilizzato almeno dal `600 come Porta urbica ma che potrebbe avere origini ben più antiche. Dal Dongione il percorso, accompagnato dagli Apprendisti Ciceroni, si snoderà per la strada di mezzo fino alla chiesa Matrice di S. Leonardo. Una “chicca” verrà offerta ai visitatori nel palazzo Macrì con l’antica Spezieria del XIX sec. in cui è esposta la vara del “Cristo morto”. La visita proseguirà nel sito della Porta di Terra, si girerà intorno al Castello, entrandovi poi dall’antico ingresso (già ponte levatoio) per una visita affascinante con il racconto sui duchi di Ardore. Usciti dal Castello, si godrà della vista della vallata e della costa verso Capo Bruzzano e si percorrerà la strada esterna del reticolo viario, passando dalla chiesa di S. Rocco per poi ritornare al Dongione.

Testo scritto da Delegazione FAI della Locride e della Piana

VISITE A CURA DI

Liceo delle Scienze Umane e Linguistico “G.Mazzini” – Locri IIS “U. Zanotti-Bianco” di M.na di Gioiosa Ionica – sede associata Liceo Scientifico ISS “Oliveti-Panetta” Liceo Classico, Locri IIS “G. Marconi” Siderno

VISITE IN LINGUA STRANIERA

INGLESE, FRANCESE, SPAGNOLO, CINESE.