Dopo la rivolta della settimana scorsa, ancora disordini nel carcere Ugo Caridi di Catanzaro. Come riferisce Cristina Busà, segretario regionale del SiNappe, sindacato della polizia penitenziaria, un detenuto sarebbe stato protagonista di un’aggressione ai danni del compagno di cella ed a farne spese sarebbe stato un agente, rimasto ferito.

Il fatto risale a ieri: il poliziotto, sentendo le urla di un suo collega provenire da una sezione vicina a quella in cui prestava servizio, è subito intervenuto venendo appunto aggredito da un detenuto di origini Magrebine che lo ha afferrato dal collo e strattonato, come a volergli storcere la testa. Solo grazie all’intervento di un collega si è scongiurato il peggio.

È questo però il secondo fatto accaduto nel carcere nello stesso giorno. La dirigente del Sinappe racconta infatti come nella mattinata un altro detenuto, anch’egli di origini africane in segno di protesta è salito sul tetto di un’area detentiva e solo dopo alcune ore, grazie all’intervento del Pm di turno, Dirigente Sanitario e al Direttore del penitenziario, il tutto si è risolto.

“Gli eventi di ieri – sbotta Busà – sono solo gli ultimi in termini cronologici che ormai da settimane stanno minando la stabilità del penitenziario calabrese; ricordiamo la rivolta dello scorso 10 agosto durante la quale 8 poliziotti sono stati aggrediti, uno di loro ha riportato la frattura del setto nasale a seguito di una testata ricevuta in pieno volto e l’aggressione subita nella giornata di ferragosto a seguito della quale il Poliziotto aggredito ha riportato ferite ed una prognosi di 15 giorni”.

Come ricorsa ancora la vice segretaria del Sinappe la Casa Circondariale di Catanzaro ospita poco più di 600 detenuti dei quali circa 150 con problemi di carattere psichiatrico “che, a causa dell’esiguo numero di personale medico che opera nel penitenziario, non riceve una attivazione tempestivamente del percorso diagnostico/terapeutico, ai quali non può essere assicurato un costante sostegno psichiatrico e psicologico e la predisposizione di programmi riabilitativi che dovrebbero svolgersi in adeguati spazi presso i reparti detentivi”.

“In tutto ciò – conclude Busà – a farne le spese è costantemente il personale di Polizia penitenziaria che sempre più spesso è sottoposto a turni stremanti e infiniti, che sempre più spesso viene aggredito e svalutato nel suo operato”.

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