R. e P.

Il Vescovo della Diocesi di Locri-Gerace, mons. Francesco Oliva, ha ricevuto nei giorni scorsi ad
Anagni (Frosinone) nell’ambito della XVIII edizione, il Premio Internazionale Bonifacio VIII, su invito del Rettore
Presidente dell’Accademia Bonifaciana Comm. Dott. Sante De Angelis e del Presidente del Comitato
Scientifico Mons. Enrico dal Covolo, su proposta della Delegazione della Regione Calabria e di
quella Interregionale Sicilia-Calabria-Puglia gestite rispettivamente da Pietro De Luca e Domenico
Lizzi.
Il Vescovo di Locri-Gerace, accolto, oltre che dalle figure accademiche citate, dal Sindaco di Anagni
Avv. Daniele Natalia, è rimasto ammaliato dalla bellezza della città dei Papi e dal contesto solenne
della cerimonia che oltre a lui ha visto la partecipazione di personaggi del calibro del prof. Romano
Prodi, del Card. Dominique Mamberti, del Vescovo Mons. Giuseppe Sciacca, del leader islamico
Edmond Brajmai, dell’On. Gianluca Rizzo, dell’ambasciatore libanese Farid el-Khazen, del
Magnifico Rettore della Salesiana don Mauro Mantovani, del Sindaco di Assisi Stefania Proietti e
tanti altri ancora.
Davvero interessante l’intervento fatto al pubblico che ha riempito la duecentesca Sala della Ragione
del Comune di Anagni, ove si è svolta la manifestazione. “L’istituzione e conferimento di un premio
il “premio Bonifacio VIII “… per una cultura della pace” – Città di Anagni 2020, induce la riflessione
su un tema di ampia portata e d’interesse generale, su cui la Chiesa ed il magistero dei Pontifici, le
organizzazioni internazionali, le Accademie culturali hanno sempre richiamato l’attenzione. Nessuno
può esimersi dal confrontarsi con esso. E’ il destino dell’uomo e la sua vita, la sopravvivenza dei
popoli e delle nazioni che sono in gioco e che dalla pace sono interpellati. Non si può dire: non
m’interessa! Ciascuno – ha dichiarato mons. Oliva – è chiamato a coniugarlo a partire dalla sua realtà
di vita, dalle sue responsabilità e compiti ricevuti. Per sua stessa vocazione ogni uomo è chiamati ad
essere artefici di pace, laddove si svolgono la sua vita e le complesse trame di relazioni umane”. Ed
ancora: “La pace si costruisce dal basso, partendo dalle periferie, laddove l’umanità manifesta tutte
le sue fragilità e povertà. Penso alla mia terra, la Locride, nell’area metropolitana di Reggio Calabria,
nella Regione Calabra, ove la pace va unita alla riconciliazione degli animi, che si correla,
essenzialmente, ad un impegno di crescita e di sviluppo sociale e civile, di formazione al valore della
legalità, della giustizia e del rispetto. Valori su cui si fonda un’esistenza umana veramente tale. Non
c’è pace laddove i diritti essenziali, i più elementari, vengono negati o non sono di fatto affermati e
riconosciuti. Laddove ciò che spetta per diritto lo si concede per favore. La lotta contro il potere
criminale delle cosche e contro la pervasiva corruzione, vero cancro del sistema democratico, va unita
ad un piano di sviluppo che renda le comunità soggetti protagonisti del proprio futuro. Prioritario è il
diritto alla pace – ha ribadito con forza il Vescovo della Locride – che non è quietismo o assenza di
conflitti, ma valore fondante la storia e la cultura dei popoli. Essa trova la sua vera consacrazione nel
Vangelo attraverso il canto che gli Angeli intonarono sulla grotta di Betlemme: “Gloria a Dio nel più
alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2,14). Gli angeli proclamavano ai pastori,
ed agli ultimi della terra, che la nascita di Gesù “è” gloria per Dio nel più alto dei cieli, ma “è” anche
pace sulla terra per gli uomini che egli ama. Se il termine “gloria” richiama lo splendore di Dio che
suscita la lode riconoscente delle creature, “pace” sintetizza la pienezza della vita e l’essenza
dell’amore, che s’identifica con Cristo stesso: “Egli è, infatti, la nostra pace” (Ef 2,14). Significativo
è il riferimento agli uomini “che egli ama” più che “agli uomini di buona volontà”, collegando la pace
alla “benevolenza” di Dio, che si manifesta attraverso la sua vicinanza incarnata nella realtà umana
attraverso Gesù, che mostra nella storia il buon volere di Dio verso di noi. L’unico modo di glorificare
Dio e di costruire la pace nel mondo consiste allora nell’umile e fiduciosa accoglienza del dono
dell’amore divino per l’uomo, per ogni uomo, per tutte le creature e per il creato intero”. Ed infine
ha concluso con queste forti parole: “Accogliere la pace come dono e come responsabilità: ecco il
percorso che rende più umana la nostra esperienza terrena. Un percorso che ha bisogno di tradursi in
un concreto impegno a costruire la pace con la nostra vita e che dà senso e valore ad ogni iniziativa
(sia essa culturale o sociale e religiosa) che fa della pace il suo obiettivo principale”.