Aristide Bava
SIDERNO – La fascia ionica reggina che da Monasterace porta a Brancaleone, sino a pochi anni addietro veniva più comunemente chiamata la Riviera dei Gelsomini un nome che ci porta indietro nel tempo e che non era stato a caso. Proprio questa parte di territorio, infatti, era il simbolo della laboriosità di intere comunità.

 

Era il tempo delle “gelsominaie”, che negli anni cinquanta/sessanta hanno caratterizzato un periodo abbastanza aureo ai fini occupazionali per l’intero comprensorio. Ciò perchè il fiore simbolo di questa terra, appunto il Gelsomino, legava l’economia dell’intero territorio alla sua coltivazione e alla sua raccolta. Una storia d’altri tempi che è, però, rimasta nel cuore di chi l’ha vissuta e che è giusto venga ricordata anche ai più giovani, perchè è stato un segno che deve rimanere indelebile della volontà delle comunità della Locride di superare i difficili momenti del dopoguerra e che ha avuto per protagoniste principali le donne. Il gelsomino era un fiore profumatissimo e delicato che per le sue peculiarità era riuscito a valicare i confini nazionali ed affermarsi con grande successo in molti mercati internazionali. In quel periodo erano nate, appunto, le “gelsominaie” ovvero le addette alla raccolta del fiore. Normalmente donne giovani e meno giovani di tempra molto forte che sfidavano anche le intemperie e che lavoravano per tante aziende che esistevano sul territorio.

 

Per l’epoca, le gelsominaie erano decisamente numerose e rimanevano impegnate nel periodo fra maggio e ottobre di ogni anno e costituivano per le loro famiglie la principale fonte di reddito. Spesso raggiungevano i loro posti di lavoro su grossi camion in ore mattutine, fra le due e le cinque del mattino, quando nell’intero territorio era decisamente molto forte il profumo del gelsomino ma soprattutto quando la raccolta dava i migliori frutti. Il loro guadagno non era enorme ed era legato alla loro capacità di raccogliere quanto più fiori possibili perchè erano pagate all’epoca – racconta la storia – circa 300 lire al chilo. Ma spesso riuscivano a raccogliere 10/12 chili al giorno e il guadagno le ripagava dagli sforzi che ciascuna faceva. Un ricordo spesso accostato a quello delle mondine emiliane anche se la storia, come è sempre accaduto per Calabria, non ha reso pari merito alle gelsominaie che pure, per molti anni sono state un importante simbolo positivo del territorio della Locride e hanno notevolmente contribuito a rilanciarne l’economia. Poi, dopo il boom degli anni 50/60 per molto tempo. malgrado la lenta agonia di quel lavoro, divenuto col passare del tempo poco remunerativo, l’intero territorio sino agli anni 70 inoltrati ha vissuto dell’inebriante profumo di quel fiore, ancora presente in molte strisce di territorio, che, specie nelle ore serali e notturne ammaliava chi transitava lungo la ss. 106. Legittima, dunque la denominazione di Riviera o Costa dei gelsomini, un nome abbastanza affascinante che, turisticamente, “tirava” parecchio soprattutto in un periodo, quello che ha preceduto l’inizio dei sequestri di persona, in cui la Locride cominciava ad essere meta turistica abbastanza ricercata. In effetti un nome che era diventato sinonimo di una terra bella e profumata. Il Gelsomino è rimasto, purtroppo, però, il fiore simbolo di una Locride che non c’é piu’, a quel tempo molto lontana dagli odori nauseabondi adesso provocati dalla cattiva gestione della raccolta dei rifiuti che negli ultimi anni ha raggiunto livelli non più sopportabili, Resta la speranza che, prima o poi, il territorio ritrovi la sua rivalutazione e questo delicato fiore, che ancora c’è in molti giardini delle case private, riconquisti un ruolo di primo piano e rilanci la possibilità che la Locride si riappropri del suo profumo e torni ad essere a pieno titolo la Riviera dei Gelsomini.

nella foto
Una foto d’epoca delle gelsominaie e il profumato fiore calabrese