u delega della Procura Distrettuale della Repubblica etnea, la Guardia di Finanza di Catania ed il Nucleo Investigativo Regionale di Palermo della Polizia Penitenziaria hanno eseguito tra le province di Catania, Ragusa, Siracusa, Palermo, Udine e Cosenza, un’ordinanza con cui il Gip ha disposto l’arresto per undici persone, nove delle quali finite in carcere e due ai domiciliari.
A vario titolo si contesta di aver gestito un traffico organizzato e lo spaccio di droga all’interno della casa di reclusione di Augusta oltre che di aver avuto, da parte dei detenuti, a dei telefonini.
L’indagine – chiamata in codice Alcatraz – trae origine dalle dichiarazioni di alcuni detenuti nel carcere di Augusta che paravano appunto droga e telefonini che circolavano nella struttura carceraria.
Le investigazioni, svolte anche con intercettazioni e pedinamenti, fanno quindi ritenere esistesse un’associazione criminale, composta da non meno di otto persone che procurava, trasportava ed introduceva clandestinamente lo stupefacente, principalmente hashish, nell’istituto di pena.
Il gruppo sarebbe stato promosso, organizzato e coordinato dai due detenuti. Il primo si sarebbe occupato di impartire dalla struttura carceraria le direttive ai suoi sodali all’esterno sui quantitativi, la tipologia, i prezzi e le modalità di pagamento della droga, coordinando le fasi successive di introduzione e cessione agli altri detenuti.
Il secondo avrebbe invece curato l’approvvigionamento, il confezionamento, il trasporto e l’ingresso dello stupefacente nello stesso istituto avvalendosi dell’aiuto, a vario titolo, di altri sei persone.
L’attività sarebbe stata resa possibile dall’utilizzo di telefoni cellulari introdotti illegalmente, dotati di sim intestate a soggetti inesistenti, che erano lo strumento fondamentale per le comunicazioni quotidiane con l’esterno.
LE STRATEGIA DI “INGRESSO”
Per l’ingresso della “merce” e dei cellulari all’interno della struttura carceraria sarebbero state utilizzate due consolidate strategie operative: la fruizione di permessi premio da parte dei detenuti e i colloqui visivi di questi ultimi con i loro familiari.
Nel primo caso il detenuto di rientro nel penitenziario avrebbe, in più occasioni, nascosto la droga sulla sua persona in modo da superare i controlli di rito; nel secondo caso sarebbero state utilizzate diverse modalità che prevedevano il trasporto e l’occultamento ad opera dei “visitatori”, di panetti o cellulari inseriti all’interno di involucri di patatine, di pannolini per bambini o di bricchi di succhi di frutta, poi cestinati in contenitori dell’immondizia specifici all’interno dell’istituto di pena, indicati da uno dei due presunti promotori, che, approfittando della sua mansione di addetto alle pulizie, avrebbe successivamente provveduto al recupero e alla consegna ai suoi sodali detenuti.
LE MAMME E COMPAGNE CONTABILI
Lo stupefacente avrebbe così alimentato un mercato interno a favore dei “clienti-detenuti” interessati al relativo acquisto, con tanto di tariffario completo e aggiornato che variava a seconda della qualità della droga e del grado di conoscenza dell’acquirente.
Di norma il prezzo di un panetto di hashish si sarebbe aggirato intorno alle 1.500/2.000 euro e il relativo pagamento sarebbe stato assicurato attraverso accreditamenti su diverse carte Postepay nella disponibilità di alcune madri e compagne dei due soggetti ritenuti a capo del sodalizio, che sarebbero state anche addette alla gestione della cassa e alla tenuta della contabilità del denaro incassato e da incassare.
La diversificazione delle carte da ricaricare a titolo di pagamento sarebbe stata finalizzata anche a evitare incongruenze tra l’esiguo ISEE dichiarato e il giro di denaro gestito, essendo alcuni dei sodali dei percettori del reddito di cittadinanza.
Nel corso dell’attività d’indagine, a riscontro dell’operatività del gruppo, sono stati arrestati in flagranza di reato tre soggetti per detenzione ai fini della cessione di stupefacenti e si è proceduto al sequestro, in più momenti, di 15 panetti di hashish e telefoni cellulari.
GLI ARRESTI
Gli arresti sono stati operati con il supporto dei finanzieri Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata (Scico) nonché dei Comandi Provinciali di Palermo, Ragusa e Udine e, per la Polizia Penitenziaria, con l’ausilio di personale del Nucleo Investigativo di Padova e di Catanzaro, sotto il coordinamento del Nucleo Investigativo Centrale.
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