Sorbo di Melia di San Roberto o di Agnana? Tale pianta è presente sin dalla più remota antichità nell’Europa mediterranea, dalla Spagna alla Grecia ed ovviamente nella parte asiatica del Mediterraneo orientale, nella penisola anatolica, attuale Turchia ed i suoi frutti, piccoli, rotondeggianti o piriformi, venivano consumati dopo la maturazione ( ammezzimento ) ; forse è originaria dell’Europa settentrionale. Dall’ultima decina di ottobre, fino a novembre, il periodo più adatto ad osservare i sorbi con i loro frutti, lo scrivente assieme a Nino Sigilli ha esplorato svariati territori alla ricerche delle sorbe più belle, più grosse e possibilmente più gustose.

Ormai tale frutto è conosciuto solo da persone che hanno una certa età ed almeno il 50% della gente anche in Calabria non solo non lo ha mai assaggiato, ma neppure l’ha visto mai per cui vedendolo tondeggiante lo scambia per una piccola mela; naturalmente non conosce i tempi della sua maturazione e neppure il modo di mangiarlo. Infatti quando i frutti venivano spiccati dalla pianta a partire dalla fine di ottobre, venivano riposti in un basso sopra una incannucciata, costituita da liste di canne intrecciate, possibilmente assieme a paglia e quando divenivano morbidi e cambiavano di colore, passando dal crema , dal rosato oppure dal rosso intenso come per il presente caso, al marrone, era il momento di essere consumati ed allora venivano avvicinati alle labbra e succhiati, facendo con le dita una leggera pressione su di essi.

Dalla buccia, che non veniva mangiata, in quanto fortemente astringente, veniva fuori il contenuto dolce, cremoso, leggermente e piacevolmente acidulo; naturalmente anche oggi le sorbe si mangiano allo stesso modo, ma non sono più riposte nei bassi sopra le canne intrecciate, ma semmai quando capita di reperirle da parte di che le conosce, vengono conservate in contenitori non specifici.
Infatti tale frutto è diventato molto raro, presente in qualche campo abbandonato , dove non è passato qualche incendio, poco conosciuto e quando qualcuno non informato sulle caratteristiche del frutto, adocchiando una pianta, coglie appunto i piccoli frutti e tenta di addentarli, ricevendo una sgradevolissima sorpresa, assaporando qualcosa di abominevole che si ferma in bocca e che bisogna sputare.

La pianta cresce velocemente nei primi anni di vita, poi lentissimamente e per raggiungere mezzo metro di diametro impiega più di cento anni; spontaneamente cresce nella macchia mediterranea. Il suo legno è compatto, molto pesante e resistente e ha un tessuto molto regolare, per cui era usato per eseguire sculture, specie dei santi, ma anche dei tronchetti filettati per torchi.

In questo periodo si è andati alla ricerca di una pianta monumentale con frutti i più belli possibile e c’è stata l’opportunità di avere quelli, grossi, bellissimi color crema e soffusi di rosato di una pianta monumentale di Agnana, leggermente piriformi , forniti da Rosanna Caruso e subito fotografati ; sono fuori dalla norma per cui sarebbe opportuno fermarsi. La ricerca però continuò nonostante la bellezza estrema delle sorbe di Agnana. Erano state visitate due piante piccole sulla vecchia statale tra Gioiosa Marina e Gioiosa Jonica, nella proprietà appartenuta nel passato ai baroni Macrì, che producono frutti di pezzatura rilevante, color crema, ma era pervenuta anche la notizia dell’esistenza di una pianta monumentale a Condoianni, ma non si è trovato il modo di identificarla per poter avere conferma della qualità dei suoi frutti, per cui ormai si era convinti che la pianta che produce i frutti migliori fosse quella di Agnana, ma all’improvviso sono giunte dalla zona montana di Melia di San Roberto, portate da Quattrone Giuseppe di Brancaleone, sposato a San Roberto, spiccate nel podere della moglie, le sublimi sorbe di Melia dalla pezzatura fuori dall’ordinario; sferiche con la parte offerta al sole intensamente rossa e quella opposta gialla. Vennero allora esibite e furono scambiate per piccole mele o per frutti artificiali di marzapane .La pianta è centenaria ed è l’unica che si conosce, per cui è doveroso salvarla, riproducendola. Quali sono più belle, quelle di Agnana o quelle di San Roberto ? E’ difficile giudicare.

ORLANDO SCULLI