I festeggiamenti nel Santuario di Riace (Reggio Calabria) si fanno risalire al 1669, quando le reliquie di san Cosma furono portate da Roma, ma Cosimo e Damiano furono istituiti Santi Patroni di Riace solo nel 1734. I Santi vengono festeggiati due volte l’anno secondo modalità differente.
La “festa di maggio” anche detta “festa del Braccio” coinvolge soprattutto la comunità di fedeli di Riace. Ogni anno, la seconda domenica di maggio, a ricordo di quanto accaduto al pastorello, le reliquie dei Santi vengono portate in processione al “castedu”. Una teca d’argento a forma di braccio viene trasportata lungo un itinerario campestre attraverso i sentieri della campagna di Riace, dalla Chiesa Matrice fino a raggiunge la spiaggia di Riace Marina. Una volta giunti sulla spiaggia, la teca viene imbarcata e portata nei pressi di uno scoglio dove la tradizione racconta che sia rimasta l’impronta del piede di San Cosimo, dopo la traversata a nuoto dall’Arabia. Un tempo, durante il tragitto, i contadini, oggi i devoti che partecipano, deponevano sulla base dove è collocata la teca fasci di spighe di grano, piante di fave, di piselli e rami di ulivo, la processione veniva, infatti, intesa come rito propiziatorio contro la siccità.
La “festa di settembre”, dal 25 al 27 del mese, coinvolge anche gran parte dei paesi limitrofi alla cittadina jonica, che giungono numerosi al Santuario, a piedi, ed è considerata unica nel suo genere per la grande partecipazione dei devoti Rom e Sinti della Calabria che vengono a venerare i Santi Cosma e Damiano insieme al Beato Zeffirino martire, di cui si conserva una effigie nel Santuario. Nel corso della festa di settembre le statue dei Santi medici sono portate in processione dalla Chiesa Matrice al Santuario per poi ritornare in paese al termine delle tre giornate.
I pellegrini pregano, cantano e portano doni sia per le grazie ricevute, sia nella speranza che i Santi medici accolgano le loro preghiere. Alcuni devoti trascorrono la notte nella Chiesa matrice, perpetuando così l’antico rito dell’incubatio.
Caratteristici del culto a Riace sono gli ex voto anatomici: proprie riproduzioni, benedette, in cera, delle parti del corpo guarite dai Santi -gambe, braccia, testa, cuore, ecc.- e dolci tipici di farina e miele. In alcuni casi, viene donato il “bambinello”, quasi a voler consacrare, in segno di riconoscenza, ai Santi Medici la vita del bambino infermo da loro salvato. La fede nei due Santi medici è tale per cui ancora oggi alcuni bambini e qualche adulto veste con gli abiti dei Santi.
Il 25 mattina incomincia il rito lungo due percorsi di devozione paralleli, uno intorno al Santuario e l’altro dentro alla Chiesa Matrice a Riace. Fin dalle prime luci dell’alba da ogni parte della Calabria centinaia di devoti Rom e Sinti giungono al Santuario dove trascorreranno la notte danzando al suono della tarantella. In paese, intanto, nella Chiesa Matrice incominciano i festeggiamenti con il rito “e da calata e di santi” in cui le statue di Cosma e Damiano, vengono spostate dalla nicchia collocata sopra l’altare centrale, per essere esposte alla venerazione dei fedeli affinché possano toccarle ed offrir loro gli ex voto. La chiesa è addobbata con ” u paratu”, panneggi e decorazioni di stoffa e di carta colorata appesi ai muri, agli archi ed intorno alle statue. La chiesa lentamente si trasforma per la notte di veglia: l’arrivo dei pellegrini per: i fedeli pregano, cantano e, quelli venuti nella speranza di ottenere la grazia della guarigione dormono al suolo, compresi i più piccini, ripetendo l’antico rito dell’incubazione.
Il 26 mattina, al termine della veglia, i devoti Rom e Sinti partono dal Santuario, suonando e danzando, per raggiungere la Chiesa matrice dove i Santi stanno per essere portati fuori. I due cortei si uniscono sotto i Santi Cosma e Damiano. E’ questo uno dei momenti più intensi della festa: la gente urla, applaude e tutti insieme i fedeli delle diverse comunità si preparano ad accompagnare i loro protettori al Santuario, danzando al suono dei tamburelli. Lungo il percorso i Santi ricevono di continuo offerte e voti, i bambini vengono protesi a toccare le statue per essere simbolicamente affidati alla protezione spirituale e materiale dei Santi miracolosi.
I Rom sono in testa al corteo danzando, i restanti fedeli chiudono il corteo, preceduti dal gruppo delle donne di Riace, dei paesi limitrofi e delle comunità Rom e Sinti che intonano canti e preghiere. L’apice della festa è segnato dall’arrivo al piazzale del Santuario. Tutti sono ormai uniti intorno a Cosma e Damiano, non esistono più differenze e divisioni. I Santi vengono portati sulla scalinata per essere mostrati ed ammirati da tutti i fedeli, i fuochi pirotecnici segnano l’ingresso delle statue nel Santuario. Una volta sistemati i Santi nel Santuario, come per incanto, tutta la comunità Rom scompare.
A sera ha inizio una nuova veglia, che stavolta si svolge al Santuario dove i devoti trascorrono la notte in preghiera interrotta da musica, canti e danze dei numerosi pellegrini accorsi per rendere omaggio ai Santi. Questa atmosfera di vitalità, gioia e spiritualità proseguirà fino al pomeriggio del 27 quando le statue in processione saranno riportate nuovamente alla Chiesa Matrice per rimanere là in attesa della prossima festa di maggio.
Rom e Sinti
La partecipazione intensa delle comunità Rom e Sinti della Calabria differenzia in modo sostanziale il culto praticato a Riace da quello praticato ai due Santi in molti altri luoghi d’Italia. Infatti si tratta del più grande raduno religioso di questa comunità, principale protagonista di questa straordinaria manifestazione di religiosità popolare. Ogni anno, fin dalle prime luci del 25, giungono in gran numero da ogni parte della regione, per venerare i Santi medici Cosma e Damiano riconosciuti loro protettori. Per questo motivo, la festa di San Cosma e Damiano a Riace è detta dagli abitanti del circondario “a festa di zingari”. La loro presenza ha radici molto antiche, infatti in quanto grandi mercanti di bestiame, essi giungevano per la tradizionale fiera del bestiame che veniva fatta in passato in occasione della festa e che purtroppo da lungo tempo è stata interrotta.
Alcuni devoti indossano l’abito votivo mentre accompagnano la processione danzando. Animano con entusiasmo e trasporto la festa e mai come in tale occasione si assiste ad una fusione così spontanea e naturale con il resto della popolazione, mostrando come attraverso la devozione sia possibile abbattere le barriere razziali.
“a danza di curtegli”
La devozione di questo gruppo etnico si manifesta molto anche attraverso la danza. Nel corso della veglia del 25 settembre al Santuario, per tutta la notte organetti e tamburelli non cessano mai di suonare. La tarantella ballata a Riace può assumere anche il carattere di una danza armata “a danza di curtegli” più comunemente conosciuta col nome di “scherma”. Si tratta di una danza esclusivamente maschile, dove gli uomini riuniti in una ronda delimitano e contengono lo spazio entro il quale balla una coppia chiamata ad esibirsi dal “Mastro di ballo”. Chi balla esprime attraverso la tarantella la propria maestria e virilità. La coppia simula figure e movenze del duello a mano armata di coltello, danza che un tempo regolava dissidi, oltraggi o mancanze di rispetto. Oggigiorno i coltelli non si usano più e sono stati sostituiti dall’indice e medio della mano destra tesi a rappresentare l’arma. Gli uomini così duellano, simulando il combattimento, fino a che uno dei due contendenti venga toccato per tre volte dalle dita dell’avversario. Anche suonare per i Santi è considerato un onore, e questo rito viene eseguito fino allo sfinimento, fino a far sanguinare le mani.
Beato Zefferino Rom
Come già detto, nel Santuario di Riace è conservato un quadro raffigurante il Beato Zeffirino (Ceferino) Gimenez Malla detto “El Pelè” martire gitano, ucciso durante la guerra civile in Spagna. Fu proclamato beato da Giovanni Paolo II il 4 maggio 1997. Nato a Benavent de Sangría, in Catalogna, il 26 agosto 1861, fu fucilato a Barbastro, in Aragona, il 2 agosto 1936, per aver difeso un sacerdote. Si narra che fosse nato in una famiglia povera. Non va a scuola, ma impara a fare ceste, diventa esperto di muli e cavalli e spesso viene chiamato a fare da mediatore, essendo stimato per la sua sincerità e senso di giustizia. Un giorno aiuta un importante personaggio di Barbastro che, malato, era svenuto per strada. Unico, lo soccorre e porta a casa in spalla. La famiglia in segno di riconoscenza lo aiuta ad avviare una sua attività commerciale. Ormai affermatosi come personaggio buono e devoto, professa apertamente la sua religiosità, portando la sua testimonianza di fede soprattutto fra i membri della comunità Rom. Soccorre ed aiuta i più poveri e, pur non essendo andato a scuola, “legge” gli ammonimenti dell’apostolo Paolo ai Corinzi e realizza in sé la carità che “tutto copre, tutto crede, tutto sopporta”. Diventato Terziario francescano, già in vita qualcuno lo definisce “santo”. Quando nel luglio del 1936 viene arrestato ha 75 anni. Prega e a testa alta viene fucilato con in mano la corona del Rosario. Viene seppellito in una fossa comune con tutte le altre vittime della barbarie.
I Santi “Anargiri” Cosma e Damiano
I Santi Cosma e Damiano sono, in assoluto, i più importanti medici santi dell’antichità, tra i pochi a potersi fregiare del titolo di “anargiri” – che guariscono senza chiedere compenso. Protettori dei medici, dei farmacisti e delle professioni affini come i barbieri, le levatrici e i dentisti, sono per lo più rappresentati con la palma o con gli strumenti della loro arte. Sulla vita di Cosma e Damiano non si hanno dati storici certi, le poche notizie disponibili si possono rintracciare soprattutto nei Martirologi e nei Sinassari. Il loro culto, estesosi rapidamente a tutto il bacino del mediterraneo ed oltre, è molto antico e complesso e presenta numerose affinità con gli dei della medicina, i Dioscuri Castore e Polluce, Asclepio ed Iside medica.
I due Santi vengono festeggiati con date differenti a seconda delle tradizioni: la tradizione “asiatica”, diffusa a Costantinopoli, li festeggia il 1 novembre; quella “romana”, diffusa in Siria, il 1 luglio; quella “arabica”, diffusa a Roma, il 17 ottobre. La Chiesa ortodossa, in linea con la tradizione orientale, li festeggia proprio in queste tre date. La Chiesa cattolica, invece, li commemora generalmente il 26 settembre, ma successivamente, in memoria della traslazione delle reliquie nella Basilica a Roma, la festività liturgica è stata spostata al 27 settembre.
Sulla nascita dei due Santi esistono molte leggende. Alcune versioni li ritengono gemelli, forse in analogia con il mito dei Dioscuri, ed identificano il padre nel martire cristiano Niceforo e la madre in una donna cristiana, Teodora o Teodata, che li educò alla fede insieme ai fratelli Antimo, Leonzio ed Euprepio. Teodoreto, vescovo di Ciro, in Siria, dal 440 al 458 d.C., – la fonte agiografica più antica – fa risalire la nascita dei due Santi, definendoli fratelli, alla seconda metà del sec. III d.C. a Egea, dove esisteva un tempio di Asclepio, dio della medicina, presso il quale i sacerdoti praticavano cure mediche anche attraverso la pratica dell’incubatio, un rito diffusissimo nell’antichità classica – sia in area greca che in area Italica – che consisteva nel recarsi presso il santuario, in stato di purezza, e dopo aver effettuato un sacrifico propiziatorio, nell’ addormentarsi presso un luogo sacro, con la speranza di ricevere in sogno la visita del dio, i suoi opportuni suggerimenti o la guarigione miracolosa.
Secondo la tradizione occidentale, Cosma e Damiano partirono da Egea per recarsi in Siria – sede di una fiorente tradizione medica- per studiare medicina (anche se alcune versioni sostengono la loro abilità di guaritori fosse dovuta a poteri taumatologici). Ritornati nella loro città cominciarono a curare gli ammalati senza mai chiedere alcun compenso e proprio per questo venne loro assegnato l’appellativo “Anargiri”. Nel “Sinassario” della Chiesa di Costantinopoli si tramanda che solo in una occasione fu loro data una ricompensa: tre uova donate a Damiano, all’insaputa del fratello, da una contadina guarita miracolosamente. Cosma rimase talmente deluso e mortificato che, rimproverato Damiano, espresse la volontà di essere sepolto lontano dal fratello. Anche intorno alla data e luogo della loro morte non esistono dati certi, forse subirono il martirio durante l’impero di Diocleziano, denunciati come cristiani dai sacerdoti del tempio di Asclepio, danneggiati economicamente dalla gratuità degli interventi medici dei due fratelli.
La loro passio li vede decapitati dopo una lunga serie di supplizi e sofferenze sopportati santamente. La memoria popolare tramanda una complessa narrazione circa le prove a cui vennero sottoposti e da cui uscirono indenni per volontà di Dio: in alcune narrazioni, mentre venivano lapidati, le pietre rimbalzarono contro i soldati; secondo altre, mentre venivano fustigati crudelmente, si rivolsero a Dio, che restituì i loro corpi illesi sotto gli occhi increduli dei presenti; secondo altre ancora, furono crocefissi e bersagliati dai dardi, ma le lance rimbalzarono senza riuscire a ferirli; altre narrano che perfino gettati in mare da un alto dirupo con un macigno appeso al collo, i Santi medici riuscirono a salvarsi. Alla fine, Cosma e Damiano morirono decapitati, assieme ai loro fratelli più giovani, Antimo, Leonzio ed Euprepio, nella città di Cirro, nei pressi di Antiochia, orientativamente intorno al 300 d.C.
Il culto dei Santi taumaturgi iniziò immediatamente dopo la loro morte e ad essi furono attribuiti un gran numero di miracoli terapeutici. Nella sua Legenda Aurea Jacopo da Varagine narra quello che viene indicato come il primo trapianto della storia: un devoto, avendo sognato i due Santi che gli applicavano la gamba di uno schiavo etiope morto, si risvegliò con la gamba sana e di colore scuro. Dal V secolo il loro culto cominciò a diffondersi inizialmente a tutto l’Oriente dove vennero costruite molte chiese a loro dedicate: meritano di essere ricordate le basiliche costruite in Palifilia, Cappadocia, Edessa e la sfarzosa basilica di Costantinopoli fatta costruire dall’imperatore Giustiniano guarito per loro intercessione da una pericolosa malattia. Attraverso gli scambi commerciali fra Roma e Oriente e grazie ai monaci bizantini, il culto raggiunse anche l’Occidente. Secondo la tradizione, i malati si recavano nella Basilica per chiedere la guarigione dai propri mali e praticavano il rito della “incubazione”: si addormentavano nella chiesa e durante il sonno i Santi apparivano miracolosamente in loro aiuto, prendendosi cura di loro, facendo operazioni chirurgiche i cui segni erano miracolosamente evidenti al risveglio, applicando impacchi di olio e cera, oppure suggerendo in sogno al malato le cure. Sotto il Pontificato di San Gregorio Magno (590-604) le reliquie dei Santi Medici e dei loro fratelli furono traslate a Roma, nella loro Basilica fatta erigere dal Papa Felice IV nel Foro Romano proprio nelle vicinanze dei resti del tempio dedicato ai Dioscuri. Nel tempo le reliquie dei Santi furono distribuite nei numerosi Santuari a loro dedicati in tutta Europa, furono portate a Brema, a Monaco di Baviera, a Malta e in qualche città della Spagna, in Francia, dove sono in parte custodite nella chiesa metropolitana di Parigi.
In Italia esistono vari importanti Santuari dedicati ad essi fra cui, oltre al Santuario di Riace in Calabria, i Santuari in Puglia di Alberobello, di Bitonto, vicino a Bari che vanta una reliquia delle braccia dei Santi Cosma e Damiano, di Oria – comunemente detto S. Cosimo alla Macchia. E ancora i Santuari di Gaeta, di Secondigliano a Napoli, di Carbonara di Nola, d’Isernia, oltre a numerose parrocchie in molte città e piccoli paesi. Reliquie dei Santi sono custodite anche a Venezia, nella chiesa di S. Giorgio; a Verona, nella chiesa di S. Procolo; nella Cattedrale di Amalfi, a Bologna, ad Imola, a Campobasso, a Tagliacozzo in Abruzzo. In Italia il culto non solo raggiunse rapidamente Roma ed il Lazio, ma si diffuse anche in Toscana dove la famiglia Medici, intorno alla metà del ‘400 li scelse come propri Santi patroni contribuendo a determinarne e diffonderne l’iconografia attraverso opere commissionate ad importanti artisti dell’epoca.
Il Santuario dei Santi Cosma e Damiano
Il Santuario, situato in basso, a qualche chilometro di distanza da Riace Superiore, è considerato il più importante della zona per le sue antiche origini e per i festeggiamenti ai due Santi che si tengono due volte all’anno. Le statue dei Santi sono conservate in paese nella Chiesa Matrice di S. Maria Assunta, detta anche Chiesa di S. Giacomo, da dove vengono tirate fuori per entrambe le ricorrenze festive e portate in processione fra Riace Superiore e Riace Marina. Opera di un ignoto scultore della scuola napoletana del ‘700, furono restaurate nel 1879 da Nicola e Pietro Drosi da Satriano.
L’origine del Santuario, meta di molti pellegrinaggi fin dai tempi più remoti, è fatta risalire ad una probabile struttura bizantina collegata con il vicino Monastero di S. Giovanni Theristis. Si tramanda che la confraternita dei SS. Cosma e Damiano fu istituita nel 1637 ad opera del Vescovo di Squillace. Oggi il Santuario, con l’annessa Casa del Pellegrino, in grado di accogliere circa duecento persone, si presenta affrescato con opere della scuola calabrese. Nel Santuario è presente anche l’effigie del Beato Zeffirino, Rom, martire.
Una delle leggende di fondazione tramanda che “un certo giorno di mille anni fa” un pastorello vide avvicinarsi due uomini che si presentarono dicendo di essere Cosimo e Damiano, due fratelli medici, quindi lo invitarono a lasciare il gregge per andare ad avvisare alla gente di Stignano che due medici provenienti dall’Oriente volevano edificare una chiesa. Il pastorello obbedì, ma invece di andare a Stignano si fermò nel più vicino paese: Riace. Molti uomini lo seguirono, ma giunti là dove si era intrattenuto con i due fratelli, non trovarono nessuno. Il ragazzo non si prese d’animo e chiese agli uomini di aiutarlo ad edificare la chiesa. Iniziarono la costruzione, lavorando fino al tramonto, ma al mattino trovarono che tutto era crollato, così dovettero iniziare daccapo, ma nuovamente, durante la notte, tutto andò giù. E così anche il terzo giorno. Durante la notte al pastorello apparvero in sogno i due Santi medici Cosimo e Damiano che gli consigliarono di andare a prendere nel luogo in cui si erano incontrati una delle pietre su cui si erano seduti e di inserirla nella costruzione così l’edificio non sarebbe più crollato. Seguite le indicazioni dei santi e collocata la pietra in un lato della costruzione, l’edificio di culto non crollo mai più.
Riace
Riace, cittadina famosa oltreché per le due stupende statue di bronzo, anche per il culto ai santi “medici” Cosma e Damiano, sorge su una collina a sette chilometri dalla costa jonica. Si dice prenda il nome dalle sue antiche origini greco-bizantine. La storia si perde nel tempo, ma la nascita del paese forse si può far risalire alla fine del XII secolo, quando, come in gran parte della fascia costiera, a causa della peste, della malaria e delle invasioni saracene, la popolazione fu costretta a rifugiarsi sulle colline intorno agli eremi dei monaci bizantini in fuga dall’Oriente. Si possono ancora rintracciare vestigia medioevali nei resti dell’antica cinta muraria, che inglobava numerose chiese, purtroppo quasi interamente distrutta dai terremoti nei secoli scorsi, e nel tessuto urbano dove sopravvivono impronte della sua antica storia.
fonte : http://www.idea.mat.beniculturali.it/feste-e-tradizioni/calabria/item/197-santi-cosma-e-damiano-a-riace
Testo: B. Terenzi e C. Trimboli (tratto da Feste e Riti d’Italia). Adattamento a cura della Redazione