«Non c’è un manuale di sopravvivenza: sono cose che quando cadono dal cielo siamo costretti ad affrontare. Sicuramente non pensavo potesse durare così a lungo. È stata dura». Così Carlo Celadon, intervistato in esclusiva ieri da Eleonora Daniele a Storie di Sera, in onda in seconda serata su Rai1. Dopo oltre trent’anni di silenzio, Celadon ha deciso di raccontare per la prima volta il suo sequestro, il più lungo della storia italiana. Iniziato il 25 gennaio del 1988, quando nella villa della famiglia di Carlo, ad Arzignano, irruppe un commando formato da quattro o cinque persone. Rapirono Carlo, che al tempo aveva 18 anni, e lo portarono in Aspromonte. 831 giorni vissuti in sette diversi covi.
«La luce che filtrava era sempre poca – ha raccontato Celadon – perché i covi erano coperti da foglie o sacchi di filo o di paglia, però qualche raggio filtrava ogni giorno ed era quello che mi faceva capire che era nato un nuovo giorno. Se non ricordo male, quando sono stato liberato sapevo perfettamente che era il 5 maggio del 1990. Come lo sapevo? Perché ogni volta che dal sacco filtrava un nuovo raggio di luce, io contavo il giorno in più. Sono andato avanti cosi per 831 giorni». Celadon ha parlato anche della sua famiglia, che ha pagato ben sette miliardi di riscatto, e in particolare del padre Candido, industriale vicentino, oggi scomparso. «Mio padre è stato sempre un eroe per me. Avevamo un’intesa meravigliosa, bastava che ci guardassimo negli occhi. I suoi saggi consigli mi mancano enormemente».
Oggi Celadon è padre di due figli. «Per molto tempo a loro non ho detto niente di ciò che mi era capitato, perché non sapevo bene come affrontare la cosa. Poi il giornale locale durante una ricorrenza ha scritto qualcosa e mentre loro andavano a scuola qualcuno che aveva letto l’articolo ha mostrato le pagine ai miei figli che sono rimasti scioccati. Così ho iniziato a raccontare loro alcune cose, ma non troppe, perché fortunatamente hanno dimostrato di non essere troppo curiosi e come ho messo da parte io la vicenda, hanno fatto anche loro. E anche per loro, adesso, è come se non fosse successo niente». Durante la puntata la conduttrice ha mostrato a Carlo le immagini di quei terribili giorni, ma anche quelle della festa ad Arzignano, nel giorno in cui è tornato a casa.
«Erano almeno trent’anni che non vedevo queste immagini. Le avevo viste appena rilasciato – ha detto Celadon – in un pezzo riassuntivo che i tg avevano trasmesso in quei giorni e che avevo avuto la possibilità di guardare mentre ero al commissariato, a Siderno». Oggi le vede con un occhio diverso: «Diciamo che le guardo in terza persona, come se la cosa fosse successa a un altro e non a me… Non è una cosa che mi sono imposto, è una cosa che grazie al tempo è avvenuta in modo abbastanza naturale. Ricordo di aver molto pregato quando ero in prigionia e la mia preghiera era rivolta appunto a riuscire a superare il dopo sequestro, se fossi tornato a casa, perché sentivo che non avevo più la testa, mi sentivo letteralmente impazzire…». In chiusura di puntata, Celadon ha ribadito quanto sia ancora oggi emotivamente complicato per lui rivivere quei giorni, sottolineando che non andrà più in tv a raccontare la sua esperienza: «Non è stato semplice per me – ha spiegato – ma ho partecipato perché questa è l’ultima volta che i riflettori saranno posati su di me. È l’ultima trasmissione a cui ho deciso di partecipare».
fonte:ilreggino.it