«Sono molto arrabbiata con la giustizia e soprattutto con chi ha ucciso mia figlia, la mamma dei suoi figli». Non ha più nemmeno lacrime per piangere Rosetta Origlia, la madre di Mary Cirillo, la donna uccisa a Monasterace nell’agosto 2014 dal marito Giuseppe Pilato, reo confesso e condannato in abbreviato a 17 anni di carcere. La signora, ancora visibilmente provata, è intervenuta in un’iniziativa pubblica promossa dalla Caritas diocesana di Locri in occasione della giornata contro la violenza sulle donne. E il suo racconto è stato un pugno nello stomaco. «Preferirei che buttassero le chiavi e che non uscisse più – ha tuonato la donna – I bambini li ho cresciuti io, non ci potrà mai essere per loro una nuova famiglia. Mia figlia non vedeva niente e non pensava mai che lui avrebbe fatto quello che ha fatto». Poi un appello alle donne: «L’amore non vi uccide, l’amore non vi picchia».
I dati sui casi di violenza e maltrattamenti nella Locride sono stati forniti da Francesca Tommasello, psicologa e docente. «E’ una realtà che tradisce spesso un retaggio di una cultura patriarcale e sessista – ha spiegato – con i valori pieni di stereotipi e pregiudizi che tarpano le ali alle giovani donne. Questa cultura di discriminazione qui è ancora presente. Raccolgo molte istanze da parte di ragazze che non possono andare all’Università, nonostante ottime competenze, perché consigliate a rimanere a casa e convolare a nozze. Ancora ci sono queste sacche di resistenza in alcuni centri dell’entroterra, dove il sistema valoriale è più difficile da scardinare».
Il caso Cirillo è stato anche trattato all’interno di una tesi di laurea da Elena Fusaro, adesso assistente sociale specialista. «Nel mio lavoro mi sono anche occupata di un esercito di figli vittime del femminicidio e definiti orfani speciali – ha sottolineato – Sono vittime silenziose e spettatori di crimini efferati all’interno della famiglia. Ho cercato di capire le carenze che non portano a tracciare i casi sul territorio. Dobbiamo impegnarci tutti di più, tutti devono intervenire per poterlo contrastare». Per la direttrice della Caritas locrese Carmen Bagalà «Siamo obbligati a sensibilizzare l’opinione affinchè determinati episodi non accadano più – ha chiosato – Non si tratta solo di violenze fisica, ma anche verbali, psicologiche e culturali».
Ilario Balì-ilreggino.it