Giuseppe Romeo è stato estradato dalla Spagna nel maggio scorso e condotto davanti ai giudici di Torino con la pesante accusa di far parte di una associazione per delinquere dedita al narcotraffico internazionale, nell’ambito dell’inchiesta Platinum Dia, che aveva portato all’arresto di trenta persone ritenute responsabili di narcotraffico internazionale tra Piemonte, Calabria, Sardegna, Germania e Spagna. Giuseppe Romeo, per gli investigatori punto di riferimento dei traffici internazionali a cui facevano riferimento, per l’approvvigionamento di consistenti quantitativi di cocaina, alcune famiglie, originare di San Luca ma residenti da tempo in Piemonte e in Sardegna, si era detto innocente.
I legali del 35enne Romeo, gli avvocati Leone Fonte e Michela Malerba, si sono opposti alla conferma dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Torino, ottenendo dalla Corte di Cassazione l’annullamento della decisione del Tribunale del Riesame.

I difensori hanno evidenziato che non vi era alcuna prova che il proprio assistito fosse un fornitore stabile e agevolatore di soggetti facenti parte di associazioni criminali, peraltro non erano stati accertati rapporti collaborativi e continuativi con i coindagati della presunta organizzazione dedita al traffico di droga. Nel corso dei numerosi dialoghi intercettati non era stata mai accertata la sua presenza né il suo nome era stato mai citato da conversanti. E infatti, in particolare Leone Fonte ha sostenuto che la sua identificazione non era in alcun modo certa, e ciò non poteva essere compensata attraverso l’attribuzione di nomignoli che non trovavano corrispondenza alla persona del Romeo, tra i quali maluferru o u nanu.
La Corte di Cassazione, in accoglimento alle censure difensive, annullava con rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Torino in relazione all’associazione per droga, mentre annullava senza rinvio l’aggravante mafiosa nelle forme dell’agevolazione a famiglie di ’ndrangheta in relazione ai residui reati.

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