Di Giovanni Padalino
Aveva soltanto 36 anni Don Peppe Diana quando fu ucciso da ben cinque colpi d’arma da fuoco il 19 di marzo del 1994, nella propria sacrestia della chiesa di Sant’Andrea a Casal di Principe.
L’atroce delitto consumatosi alle ore 7.25 del mattino, proprio pochi minuti prima della celebrazione eucaristica, sconvolse non solo l’intera comunità agroaversana ma tutta l’Italia.
Una tragedia mai vista prima d’ora in Campania, che portò anche il Papà Giovanni Paolo II a pronunciarsi durante l’ Angelus della domenica, esprimendo il suo pieno dolore verso un sacerdote ingiustamente ucciso dalla malavita.
Motivo dell’uccisione: Don Peppino era diventato una persona molto scomoda per la camorra, perché aveva deciso di non rimanere in silenzio davanti alle ingiustizie, decidendo di denunciare apertamente, soprattutto durante le proprie omelie davanti ai propri cittadini, affermando un puro disprezzo verso la criminalità organizzata, che nella provincia di Caserta e soprattutto a Casal di Principe, imprimeva la propria forza sul tessuto sociale e politico, causando spargimenti di sangue, rendendo sempre più lugubre il futuro di questa terra.
“Per amore del mio popolo non tacerò” questo era stato il documento che i sacerdoti della diocesi di Aversa avevano deciso di firmare, interrogandosi, su quali potessero essere le soluzioni per dei territori oppressi dal movimento criminale, e Don Peppe era tra i primi firmatari e soprattutto tra i primi sostenitori.
Don Peppe aveva un ottimo rapporto soprattutto con i giovani, infatti grazie alla laurea in teologia, era riuscito ad avere la possibilità di svolgere la professione di docente di religione presso vari istituti.
Durante le lezioni il parroco di Casal di Principe non si limitava ad impartire la semplice lezione, ma preferiva confrontarsi con gli studenti, cercando di trasmettere le proprie idee di legalità, contro un sistema becero e deprimente capace di imporsi sul territorio con la forza e la violenza.
Don Peppe Diana aveva una forte stima ed un nutrito sentimento di amore verso i propri cittadini: motivo per il quale non riusciva a rimanere immobile davanti alle ingiustizie.
Per questa ragione il giovane sacerdote era convinto che bisognava contrastare il movimento camorristico, facendolo in maniera aperta davanti a tutti i cittadini.
Don Peppe non aveva paura di mettere a repentaglio la propria vita, perché credeva fermamente che il cuore di un delinquente potesse trasformarsi in un cuore di un credente.
Oggi se Casal di Principe è diventato un paese che si oppone continuamente alla camorra, promuovendo legalità soprattutto nei più giovani, è grazie anche all’impegno di tutti i cittadini che hanno deciso di portare avanti l’impegno di don Peppino.
In questi trent’anni, Don Peppe Diana è rimasto nei cuori e nella mente della gente, perché la sua morte, non è stato un atto vano, ma ha rappresentato il coraggio di speranza per una vita migliore.