Sgominate due bande di uccellatori a Reggio Calabria, decine di migliaia di piccoli uccelli per milioni di euro di profitti. L’indagine partita dalla segnalazione del CABS ferma 8 “ladri di natura”. Il CABS Italia esprime grande soddisfazione per l’epilogo di un’indagine nata grazie alla segnalazione della nostra associazione e condotta in stretta collaborazione con i nostri volontari, portata a termine dal SOARDA dell’Unità Carabinieri per la Tutela Forestale ed Ambientale di Roma. L’indagine ha portato all’adozione di misure cautelari nei confronti dei membri di due organizzazioni della provincia di Reggio Calabria dedite alla cattura ed alla commercializzazione, anche internazionale, di fauna selvatica, sia viva che morta.

Nello specifico su richiesta della Procura della Repubblica di Reggio Calabria il Gip ha disposto la misura dell’arresto per sette uccellatori e trafficanti e dell’obbligo di dimora per una donna anch’essa facente parte dell’associazione. L’indagine ha dimostrato le pesanti responsabilità delle otto persone, accusate oggi di reati gravissimi: dall’associazione per delinquere finalizzata al traffico nazionale ed internazionale di fauna selvatica protetta al furto aggravato ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato, dalla ricettazione di fauna protetta al maltrattamento ed uccisione di animali.

Grazie all’azione del SOARDA sono state cosi sgominate due associazioni di trafficanti che avevano potuto agire indisturbate per anni nei territori della provincia di Reggio Calabria ed in quelle vicine di Catanzaro, Vibo Valentia e Cosenza, realizzando guadagni milionari  con i traffici di piccoli uccelli morti che prendevano la via del Nord Italia, alimentando i mercati veneti e lombardi dello “spiedo” e della “polenta e osei”. A Malta invece finivano frosoni, fringuelli, fanelli, cardellini e verzellini, sfruttando la grande richiesta di richiami vivi da parte dei trappolatori maltesi, che da anni godono di una caccia in deroga già stigmatizzata dall’Europa e ora finita davanti al Tribunale di Lussemburgo.

“E’ un primo caso in Italia che farà clamore – riferisce Alexander Heyd, responsabile del CABS – “finalmente l’arresto di una banda di “ladri di natura” che dimostra quanto da noi osservato da anni e cioé che anche in Italia la cattura e il traffico di uccelli, lungi dall’essere un’attività amatoriale è un vero affare che andrebbe affrontato dalle autorità con uno sguardo severo e con mezzi repressivi più efficaci, a partire dall’inasprimento delle pene”.

“Da oggi coloro che si dedicano impunemente a questi traffici, causando danni irreversibili al patrimonio faunistico italiano, non potranno più dormire sonni tranquilli.”

Il CABS intende ringraziare in particolar modo il Colonnello Marco Avanzo, che questa indagine ha promosso e fortemente voluto sin dall’inizio e  tutti i suoi uomini.

Questa mattina, al termine di una complessa attività d’indagine della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore dott. Giovanni Bombardieri, i Carabinieri Forestali del Raggruppamento CITES-Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati a Danno degli Animali, supportati in fase investigativa dal NIPAAF di Reggio Calabria e coadiuvati in fase esecutiva dai militari del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, del  Reparto Carabinieri Parco Nazionale “Aspromonte” e del Gruppo Carabinieri Forestali, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza emessa dal G.I.P. presso il  Tribunale, dott. Antonino Foti, di 8 misure cautelari personali, nei confronti di:

  1. REPACI Francesco, cl. 48;
  2. REPACI Pasquale, cl. 77;
  3. GAGLIOSTRO Giuseppe; cl. 63
  4. BARILLA’ Angelo, cl. 72;
  5. COSTANTINO Rocco, cl. 58;
  6. PORPIGLIA Giovanni, cl. 91;
  7. LABATE Demetrio, cl. 57;
  8. SICLARI Domenica, cl. 59,

sottoposti alle misure degli arresti domiciliari (da n. 1 a 7) e dell’obbligo di dimora.

L’indagine, sviluppatasi in un ampio arco temporale, è stata diretta dal Sostituto Procuratore dott. Roberto P. Di Palma e coordinata dal dott. Gerardo Dominijanni, Procuratore Aggiunto.

I destinatari dell’ordinanza sono gravemente indiziati per il reato di associazione per delinquere, (art. 416 c.p.) per essersi stabilmente associati allo scopo di commettere una serie indeterminata di reati (ricettazione art. 648 c.p.), destinando all’illecito commercio, su territorio nazionale e all’estero, avifauna protetta e particolarmente protetta dalla Convenzione di Berna. Tali soggetti sono altresì indiziati dei reati di uccisione e maltrattamento animali (544 bis e ter c.p.), per aver con crudeltà e senza necessità sottoposto gli animali oggetto di compravendita a sevizie e comportamenti insopportabili per le loro condizioni etologiche ed in alcuni casi provocandone la morte.

Le attività investigative

L’esecuzione dei provvedimenti cautelari costituisce l’epilogo di un’articolata attività di indagine, avviata nel 2016 e coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, che ha permesso di svelare l’esistenza di un’organizzazione criminale, con proiezione transnazionale, i cui sodali – attraverso prelievi indiscriminati di migliaia di esemplari di volatili protetti e particolarmente protetti – hanno alimentato il mercato illegale, su territorio nazionale e internazionale, di avifauna viva per finalità di richiamo e i mercati illegali di avifauna morta, destinata ai ristoranti del Nord Italia.

 

Il sistema ha consentito ai bracconieri di catturare, per ogni postazione, non meno di 200/300 esemplari al giorno, per un valore sul mercato clandestino oscillante da 25 a 100 euro a seconda della specie [un Cardellino (Carduelis carduelis) fino ad € 50,00, un Verdone (Carduelis chloris) da € 25,00 a  € 50,00, un Frosone (Coccothraustes coccothraustes) da € 60,00 ad € 100,00, un Verzellino (Serinus serinus) da € 25,00 a € 50,00], con un rilevante ritorno economicodall’attività illegale compiuta e dalle compravendite susseguenti alla cattura predatoria dei volatili.

 

Tali condotte delittuose, compiute in modo massivo e in violazione della normativa vigente, rappresentano una grave minaccia alla biodiversità; l’alterazione delle relazioni esistenti tra le specie viventi e i loro habitat, causata dall’attività antropica illecita, è un pericolo per l’equilibrio dell’ecosistema e il conseguente danno al patrimonio ambientale è incalcolabile.

 

Le investigazioni, sviluppate attraverso attività tecniche e articolati pedinamenti sull’Aspromonte e su altre aree protette del territorio nazionale, hanno permesso di comprovare il “modus operandi”adottato dai soggetti coinvolti, sviluppato in più fasi e con ruoli e compiti ben delineati.

 

In primo luogo, gli indagati hanno individuato le zone con maggior presenza di uccelli, generalmente quelle percorse da corsi d’acqua, che sono state costantemente “pasturate”, ricoprendole con mangime per uccelli, al fine di allettare le prede e abituarle a frequentare quei terreni; per rendere più sicuro l’avvicinamento, gli indagati posizionavano in prossimità dei corsi d’acqua in gabbie chiuse volatili della medesima specie oppure richiami acustici a funzionamento elettromagnetico. Una volta che si è riusciti ad abituare l’avifauna a frequentare tali aree, vengono installate le reti da uccellagione per la cattura dei malcapitati.

 

Le reti da uccellagione per la cattura degli esemplari di avifauna appartenente alle specie protette e particolarmente protette sono vietate in tutto il territorio dell’UE, poiché non selezionano gli animali da catturare in ragione della loro specie e provocano gravissime conseguenze in termini di perdita di biodiversità. Con tali trappole vengono sottratti al patrimonio indisponibile dello Stato non solo gli esemplari che poi verranno ceduti a terzi, ma anche tutti quegli esemplari non di interesse per l’organizzazione e per il mercato, con un conseguente danno ambientale di eccezionale gravità, incalcolabile in termini monetari. Al contempo gli animali catturati vengono sottoposti a condizioni insopportabili per le loro condizioni etologiche ed uccisi senza necessità o con crudeltà, integrando i reati di uccisione e maltrattamento di animali.

 

Le investigazioni hanno perfettamente delineato la natura organizzata ed “imprenditoriale” delle condotte illecite contestate agli indagati, anche in relazione alle ingenti somme necessarie per l’acquisto di grandi quantitativi di mangime e all’impiego di ore di tempo-lavoro per raggiungere le zone di pastura, percorrendo anche 400/500 chilometri al giorno per sopralluoghi, posizionamenti e catture. Considerando che solo nel 2016 sono stati posti sotto sequestro circa 13.000 esemplari di avifauna protettaviva e morta, il volume d’affari annuo generato sul mercato dall’attività criminosa per gli esemplari posti in commercio può essere stimabile fino a un milione di euro annui.