Oltre 90 chilometri di coste, un mare pulito e pescoso, un patrimonio montano variegato, un clima unico e propizio: la natura ha donato alla nostra provincia uno degli angoli più belli del mondo.

Incastonati tra l’Aspromonte, rigoglioso nella sua natura incontaminata, ed il mitico mare Jonio, dal quale vennero i Greci, portatori della cultura, dell’arte e della grandezza dell’Ellade, si trovano i 42 comuni che compongono il territorio della Locride, appartenente alla Regione che Corrado Alvaro definì la “regione più misteriosa e inesplorata d’Italia”.

La Locride è accarezzata da una larga e bianca spiaggia che si estende lungo gli oltre 90 km di quella che viene comunemente chiamata la Costa dei GelsominiLa pianta di gelsomino, diffusa in tutta la provincia reggina ma tipica soprattutto del territorio della Locride, dà il nome ad una delle coste più belle d’Italia, unica per continuità e bellezza. Ma la Locride non è solo mare cristallino, spiagge caraibiche e alte scogliere,  infatti grazie alla presenza di uno spartiacque naturale tra Jonio e Tirreno, alcuni dei comuni che compongono l’area ricadono proprio all’interno del Parco nazionale dell’Aspromonte, parliamo di Africo, Antonimina, Bruzzano Zeffirio, Canolo, Careri, Caulonia, Ciminà, GeraceMammola, Platì, Sant’Agata del Bianco, Samo e San Luca. Questi borghi, che abbondano di storia e tradizione, sono la cornice di un paesaggio ricco di contrasti e, senza dubbio, unico nel suo genere.

Il territorio della Locride si caratterizza anche per le sue tradizioni e per le sue specialità gastronomiche: un territorio così variegato non può che regalare prodotti tipici di altissima qualità, come salumi, olio e formaggi. Per conoscere le usanze di questa terra e scoprire dove assaporare i prodotti tipici, visita le sezioni dedicate all’interno della pagina cosa fare.

La Costa dei Gelsomini è anche celebre per le produzioni artigianali tra cui i tessuti realizzati a mano con i telai e le terrecotte di Gerace, la lavorazione del legno e delle pregiate pipe in radica di Serra San Bruno.

PORTIGLIOLA

Portigliola (Portigghiòla in calabresePortùla in greco-calabro) è un comune  di 1.187 abitanti della città metropolitana di Reggio Calabria.

Il suo nome deriva dal latino Porti (cioè porta) con il suffisso grecanico diminutivo “-ooula”; in effetti nel medioevo vennero collocate dai feudatari di Gerace, nel territorio portigliolese, alcune porte e alcune torri (ancora oggi raffigurate sullo stendardo cittadino). Secondo un’altra etimologia invece, il nome deriverebbe da “Porti Aiuola” cioè “aiuola del porto”, dalla sua vicinanza al porto dell’antica città greca.

Il suo territorio ricade infatti nell’area di scavi archeologici dei resti dell’antica Locri Epizephiri, in particolare della città bassa, comunemente chiamata “Centocamere”, prossima al mare e divisa dall’allora presenza di un corso d’acqua e poi conservatesi per sommersione delle acque.

Alcuni storici dell’arte ritengono che reperti locresi di pregio siano stati trafugati e trasferiti all’estero, in particolare in Germania e negli Stati Uniti d’America (Getty Museum).

STORIA

La fondazione di Portigliola si ritiene sia avvenuta verso il 915 dell’era volgare, epoca in cui i saraceni, di razza semitica, provenienti dall’Arabia, con inaudita ferocia, saccheggiarono e distrussero la fiorentissima città  di Locri Epizephiri, perla della Magna Grecia.
In un primo tempo, Portigliola, che all’epoca della sua fondazione contava cinque fuochi, cioè cinque famiglie, si conosceva con il nome di Palimpoli, poi con quello di Portaiola e finalmente negli ultimi tempi e precisamente quando, come si asserisce Carlo III fece edificare lungo il litorale ionico, la Torre chiamata Palepoli cioè della città  antica e, successivamente “Torre di Gerace o delle Cento Camere”, Portigliola prese il nome dell’omonimo suo torrente, che si ritiene era il Butrotus sfociante al vicino porto della città.

Portigliola, per la sua incantevole esposizione, per la sua privilegiata posizione amena, per la sua speciale natura del ferace terreno, tutto coronato di grigi ulivi, di vigne dorate, di mandorli dal fiore profumato, di agrumi fragranti di zagara di messi biondeggianti, era considerata la più bella aiuola della gloriosa vetusta città  di Locri: Flos Italiae, così nominata dagli antichi e, quindi, per via etimologica – Portigliola significherebbe: Porti-Aiuola ossia l’Aiuola del Porto.
Fu quasi distrutta dal terremoto del 1783, e riedificata nello stesso posto.

Fu possesso delle famiglie d’Aragona (1473-1502), de Cordova (1502-1558), de Marinis (1558-1574) e Grimaldi, che lo tenne fino alla eversione della feudalità (1806). L’ordinamento amministrativo disposto nel 1799 dal Generale Championnet la riconobbe autonoma e l’incluse nel cantone di Roccella, Dipartimento della Sagra. I francesi per la loro prima legge amministrativa, 19-1-1807, ne facevano un Luogo, ossia Università  nel cosiddetto Governo di Gerace (perché i cittadini vi esercitavano i diritti relativi al soddisfacimento dei loro fondamentali bisogni: diritto di legna, diritto di pascolo, ecc.). Il Vispeare, quale membro e Procuratore Generale della “Commissione Feudale” dal Commissario Ripartitore Angelo Masci, ossia da colui che materialmente distaccò dal feudo, il territorio che si modellava su quello francese e, così il 4 maggio 1811, sotto Gioacchino Murat, Angelo Masci assegnò al Comune di Portigliola il rispettivo territorio di forma rettangolare, esposto a mezzogiorno, confinante con l’omonimo torrente, con i Comuni di Antonimina, di Gerace e dell’odierna città di Locri e comprendeva, allora, anche le seguenti località: “Paterriti”, “Janchina”, “Canale”, “Cento Camere”; ma in un secondo tempo, tali località vennero distaccate, assegnate ed incorporate alla fiorente città  di Locri (allora Gerace Marina).Nel territorio di Portigliola fiorì e prosperò la vita industriale, artistica, economica, culturale, religiosa dell’antica città  di Locri e da qui “si spaziò in giù a valle verso il Dromo e verso il mare” (giacché il centro della Metropoli era costituito dalle tre colline: la “Mannella”, l'”Abbadessa” e “Castellace”). Nello stesso territorio del Comune di Portigliola, poco distante dall’antica città  di Locri, esisteva e fioriva una zona industriale per la fabbricazione e la lavorazione delle terrecotte votive e domestiche, nonché¨ degli oggetti destinati alla dea Persefone ed alla dea Athena e quella località  si chiama, ancora, “Cretelle” per la natura del terreno argilloso da cui si ricava la materia prima per fabbricare e lavorare gli oggetti stessi.Nella contrada “Quote S. Francesco”, così nominata in onore del Serafico San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, si sono trovati i ruderi del convento dei Francescani e molti altri ruderi, che attestano l’esistenza d’una terme greco-romana, come, in quelle vicinanze, si riscontrano le tracce di uno stadio e vicino le tracce di sontuose ville con pavimenti musivi; ville che, servivano da delizioso ed incantevole soggiorno alla nobiltà dell’alta aristocrazia greco-romana.

Il primo Sindaco di Portigliola dell’Unita d’Italia fu: Nunziato Franco (già notaio di Portigliola 1806-1843), che assunse piene funzioni il 28 novembre 1860.

Nel 1926 il fascismo sostituì i Sindaci con i Podestà.

Alla data del 21 dicembre 1927 era stato nominato ed aveva assunto le funzioni di Podestà Domenico Chianese a Portigliola e a Ciminà.

 

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